Si può fare sistema anche senza politica
Ubi, Intesa. Poi Cattolica. E quindi Sondrio. W l’Italia alla prova del mercato
È successo già con la Banca popolare di Sondrio e con Cattolica Assicurazioni. E ora accade con Ubi Banca. Tre storie diverse in cui il fronte dei soci locali, spesso rappresentato da imprenditori che sul territorio hanno radici e relazioni cementate da legami familiari, di un potere conquistato per aver partecipato ad attività bancarie e assicurative nate con un modello cooperativo e votate al territorio, si oppone al cambiamento se questo è incarnato da un volto della grande finanza internazionale, come Warren Buffett nel caso della veneta Cattolica, o come il fondo britannico Amber nella vicenda della Popolare di Sondrio. Ma per Ubi Banca, Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, non dovrebbe essere un volto così estraneo, considerato che la sua offerta pubblica di scambio per dar vita a un grande campione europeo del credito è stata pensata proprio in virtù di origini e valori condivisi. E invece, i soci storici, quelli del “Car”, cioè del patto di consultazione, che vale circa il 18 per cento del capitale della banca, a cui partecipano le fondazioni Caricuneo e Banca del Monte di Lombardia e sei grandi famiglie imprenditoriali di Bergamo e Brescia (Bombassei, Bosatelli, Andreoletti, Gussalli Beretta, Pilenga e Radici), sono decisi a dare battaglia. “L’offerta è ostile e inaccettabile. Vogliamo che la banca resti così com’è”, hanno dichiarato ieri dopo essersi riuniti per valutare la proposta di Intesa. Ubi, a differenza di Cattolica e della Popolare di Sondrio, non è più una cooperativa (si è trasformata in spa nel 2015), ma ne conserva, evidentemente, lo spirito e un approccio più difensivo (le trattative si fanno così). L’ultima parola, però, spetta al mercato e i rumors danno Messina in vantaggio grazie soprattutto all’appoggio dei fondi d’investimento istituzionali presenti in Ubi (il primo è Hsbc con il 5 per cento) e che rappresentano oltre la metà del capitale della banca. L’offerta è tecnicamente ostile, o quantomeno non concordata, e per quanto le trattative siano difficili l'Italia sta dimostrando in queste ore che quando vuole può essere una formidabile palestra per mettere in mostra la sua capacità di fare sistema affidandosi non alla politica ma semplicemente al mercato.