EDITORIALI
L'Ue dura sullo stato di diritto
Sul Recovery la Commissione va fino in fondo con Ungheria e Polonia
La Commissione europea sembra intenzionata ad andare fino in fondo nel braccio di ferro con Ungheria e Polonia sul rispetto dello stato di diritto per ottenere le risorse del Recovery fund. I piani di ripresa e resilienza di Budapest e Varsavia non sono stati ancora approvati, con ritardi che nel caso polacco vanno ben oltre scadenze e proroghe previste dalle regole. I problemi sono simili per i due paesi: carenze nei meccanismi di controllo di come vengono spesi i fondi e mancato rispetto delle raccomandazioni della Commissione in settori come l’indipendenza della giustizia e la lotta alla corruzione. “Per l’Ungheria stiamo guardando al contesto delle sfide dello stato di diritto”, ha detto ieri il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis. Per la Polonia “stiamo anche guardando alla questione della primazia del diritto dell’Ue e le sue implicazioni potenziali per l’attuazione del piano di ripresa e resilienza”.
La Corte costituzionale polacca deve esprimersi su richiesta del primo ministro, Mateusz Morawiecki, sulla primazia del diritto dell’Ue su quello nazionale. L’obiettivo è ignorare procedure di infrazione e sentenze della Corte di giustizia dell’Ue. La sentenza era attesa la scorsa settimana, ma i giudici costituzionali hanno rinviato al 22 settembre. Giovedì il ministro polacco della Giustizia, Zbigniew Ziobro, ha accusato la Commissione di “ricatto di natura corrotta” e volontà di imporre “condizioni umilianti associate alla limitazione della sovranità”. Dombrovskis ieri ha risposto che “la questione della primazia del diritto dell’Ue è fondamentale”. La Commissione fa bene a tenere la linea dura. L’Ungheria ha chiesto 7,2 miliardi di euro dal Recovery fund. La Polonia 23,9 miliardi di sovvenzioni e 12,1 miliardi di prestiti. Assicurarsi che quei soldi vengano spesi correttamente è un obbligo verso i contribuenti europei. Fermare la deriva illiberale di Ungheria e Polonia è un imperativo se si vuole preservare la natura democratica dell’Ue.
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