EDITORIALI
Il debito e l'eredità di Draghi
Il governo scommette sulla crescita, ma chi verrà dopo dovrà aggiustare i conti
Da un po’ di tempo il debito pubblico non è più un problema. È altissimo ma tanto c’è Draghi che rassicura i mercati, poi a Bruxelles dicono che si può fare deficit e comunque c’è la Bce che compra i titoli. L’unica preoccupazione dell’opinione pubblica e dei partiti pare essere quella di riuscire a spendere la montagna di soldi, a fondo perduto e in prestito, in arrivo da Bruxelles. Niente più austerità, si è ribaltata la logica: ora è proprio grazie alla spesa e agli investimenti in deficit che riusciremo a produrre quella crescita che farà ridurre il rapporto debito/pil. È questa l’impostazione alla base della Nadef: una politica di bilancio espansiva per tre anni, fino al 2024, quando avremo recuperato il trend di crescita pre crisi. Solo a quel punto si dovrà iniziare a pensare a un progressivo rientro per riportare il debito pubblico al livello pre crisi (circa il 130 per cento) entro il 2030.
Sembra un percorso agevole, ma si basa su una scommessa sulla crescita, che dipende dalla capacità di fare buoni investimenti e riforme strutturali, e sul contesto: tassi di interesse sempre così bassi per lungo tempo. In ogni caso, la Nadef nella sezione sulla proiezione del debito nel medio periodo mostra che nella prossima legislatura sarà necessario un serio aggiustamento fiscale: senza una correzione il debito tornerà al 153 per cento nel 2030. Mentre per portare il debito al 130 per cento sarà necessario un consolidamento fiscale di almeno mezzo punto di pil ogni anno, fino ad arrivare a un avanzo primario strutturale del 2 per cento nel 2029. Ciò vuol dire che ora si dovrà spendere bene e fare le riforme, ma per la prossima legislatura, quando non ci sarà più Draghi al governo, le forze politiche dovranno presentarsi con programmi compatibili con un progressivo aggiustamento del bilancio pubblico. La scommessa del governo Draghi è lasciare un paese con un tasso di crescita più elevato che in passato, ma di sicuro lascerà in eredità al prossimo governo un consolidamento fiscale da fare.