Editoriali
L'Ue sta abbandonando i Balcani
L’errore dei 27 che dicono a chi scalpita per entrare nell’Ue: aspettate ancora
I capi di stato e di governo dell’Unione europea ieri sera a cena hanno discusso di Cina, Stati Uniti, Afghanistan e difesa per cercare di trovare una linea comune sui principali temi globali dall’Atlantico al Pacifico. La parola d’ordine era affermare “il ruolo dell’Ue sulla scena internazionale”. Ma quegli stessi leader oggi daranno prova della loro mancanza di visione strategica appena oltre l’Adriatico: in un summit con i paesi dei Balcani occidentali, i ventisette diranno ai loro interlocutori che scalpitano per entrare nell’Ue che la porta dell’adesione rimarrà chiusa negli anni a venire. Sono servite settimane di negoziati agli sherpa dell’Ue per produrre un documento in cui si invia un messaggio contraddittorio. “L’Ue riconferma il suo impegno per il processo di allargamento”, ma solo quando sarà assicurata “la capacità dell’Ue di integrare nuovi membri”.
Una proposta della Slovenia di fissare al 2030 la scadenza entro cui completare il processo di adesione è stata bocciata. Le resistenze sono molteplici. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha fatto modificare dalla Commissione le procedure per l’adesione per rallentare il processo. La Bulgaria mette il veto all’inizio dei negoziati con la Macedonia del nord, prendendo in ostaggio anche quelli con l’Albania. La Spagna e altri quattro stati membri non riconoscono il Kosovo. L’Austria è favorevole all’allargamento, ma non ai paesi a maggioranza musulmana. Paradossalmente, la maggior parte dei governi dei Balcani occidentali ha fatto le riforme chieste dall’Ue per avviare o portare avanti il processo. Come premio di consolazione al Summit di oggi verrà offerto loro un pacchetto di aiuti economici da 9 miliardi. Ma Albania, Bosnia, Kosovo, Montenegro, Macedonia del nord e Serbia resteranno nel limbo. L’Ue sta consapevolmente lasciando i Balcani occidentali preda dei conflitti locali, dell’espansionismo economico della Cina e della destabilizzazione politica della Russia.