EDITORIALI
Occhio al neo populismo bancario
La crisi di Mps mostra un rigurgito pericoloso delle forze anti sistema
La gestione della crisi di Mps ha implicazioni politiche che possono essere pericolose per la stabilità del governo e presenta il rischio di un ritorno del populismo guidato da questioni legate alle banche. Il passato insegna: la sottovalutazione di problemi bancari è stato uno dei motivi per cui gli elettori hanno fatto mancare il sostegno ai referendum del governo Renzi a fine 2016 e poi hanno votato per partiti anti establishment e populisti nel 2018. E’ l’opinione (saggia) di Lorenzo Codogno, già capo economista del Mef e fondatore della società di consulenza e ricerche di mercato Lc Macro Advisors, secondo il quale il costo che i contribuenti finiranno per pagare è pari all’incirca a 10 miliardi di euro, ovvero quasi la metà del bilancio espansivo che Palazzo Chigi sta per varare. Dopo che si è interrotto il negoziato con Unicredit, le possibili opzioni per la banca senese sono quattro e l’economista le mette in ordine di probabilità che hanno di verificarsi.
La prima è un rilancio della trattativa con lo stesso istituto guidato da Andrea Orcel. Una volta ottenuta la proroga da Bruxelles, e il Monte, ricapitalizzato con 2,5-3 miliardi, avrà avuto il tempo di recuperare redditività e ripulirsi ulteriormente da crediti deteriorati, il Mef potrebbe trovarsi in una posizione (politica) migliore per offrire un nuovo accordo a Unicredit. La seconda opzione è creare intorno a Mps un terzo polo bancario costituito da istituti di medie dimensioni, anche se i potenziali candidati a partecipare, per esempio Banco Bpm e Bper, non hanno, riflette Codogno, la dimensione e l’esperienza per poter digerire un boccone come il Monte. La terza opzione è l’arrivo di un cavaliere bianco dall’estero, come gli spagnoli Bbva o Santander e in alternativa le francesi Société Générale, Bnp Paribas o Crédit Agricole. Il freno in questo caso è rappresentato da un mercato unico dei capitali europeo ancora incompiuto. Quarta e ultima possibilità (la meno probabile): la risoluzione della banca, con tutto ciò che comporterebbe per gli investitori coinvolti.
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