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Editoriali

La realpolitik dell'energia

Redazione

Riaccendere le centrali a carbone è un’opzione. Nessuno scandalo

Per essere più forti nelle trattative con Vladimir Putin è ormai chiaro a tutti che un tema centrale è quello di poter fare a meno del suo gas. Sarebbe sorprendente se fosse la Russia a decidere di chiudere i rubinetti all’Europa, dal momento che i prezzi attuali garantiscono lauti guadagni a Mosca. Ma se fosse esclusa dal circuito dei pagamenti Swift, come gli Stati Uniti e buona parte dell’Ue vorrebbero, diventerebbe impossibile pagare il nostro fornitore di gas russo, Gazprom. Cosa succederebbe in caso di insolvenza? Il governo sta valutando ogni scenario possibile, compreso quello di un’interruzione delle forniture. Un piano di emergenza comporterebbe diverse misure eccezionali, come per esempio la sospensione temporanea della corrente ad alcuni settori industriali, ma anche un maggiore ricorso al carbone, come ha detto ieri Mario Draghi in Parlamento.

 

In vista dell’estate, con i consumi elettrici spinti dalle temperature alte, bisognerebbe garantire la produzione termoelettrica che dipende per metà proprio dal gas. Già a gennaio – quando i flussi dalla Russia si sono ridotti del 40 per cento circa (dati Ispi) –  il carbone  ha coperto il 6 per cento delle vendite nella Borsa elettrica, contro il 3,4 per cento dell’anno precedente. Delle sette centrali italiane, oggi cinque sono in esercizio, altre due sono state rimesse in funzione per qualche giorno lo scorso dicembre per evitare un possibile blackout causato dal blocco di quattro centrali nucleari francesi. Non ci sarebbe da scandalizzarsi quindi se Terna, su impulso del governo, chiedesse a Enel di aumentare la produzione delle sue quattro centrali attive e di rimettere in moto quella di La Spezia. Idem dicasi per A2A ed Ep Produzione, che gestiscono rispettivamente la centrale di Monfalcone e quella di Fiume Santo. Il contributo sarebbe comunque limitato sulla generazione elettrica totale, ma diversificare le fonti di energia, oltre che i fornitori, è comunque un punto di forza per la sicurezza energetica nazionale.

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