Editoriali
Il doppio siluro di Kirill al Papa
Il Patriarca di Mosca parla e mette in difficoltà la diplomazia vaticana
Il Patriarca Kirill mette nei guai il Papa, la cui linea “terza” improntata alla prudenza – si è comunque recato all’ambasciata russa presso la Santa Sede, ha telefonato al presidente ucraino Zelensky e ha assicurato “farò tutto il possibile” all’arcivescovo maggiore di Kyiv Sviatoslav Shevchuk – scricchiola davanti alla pressione di chi vorrebbe qualche parola di più sugli invasori russi e meno contestualizzazioni storiche sulle “colpe dell’occidente” nei confronti di Mosca. Se Roma sperava in un assist da Kirill, e cioè un’apertura all’ipotesi di facilitare una mediazione fra le parti in causa, è rimasta delusa. Il 3 marzo il Patriarca si è incontrato con il nunzio mons. Giovanni D’Agnello, al quale ha detto di apprezzare la posizione “moderata e saggia della Santa Sede su molte questioni internazionali”; posizione che “è coerente con quella della Chiesa ortodossa russa”.
In sostanza, Kirill afferma che Roma la pensa come lui, che non una parola ha pronunciato nei riguardi dell’invasione in Ucraina ordinata da Vladimir Putin. Frasi che mettono in difficoltà, anche pubblicamente, la diplomazia della Santa Sede pronta ad agire come attore rispettato da entrambi i fronti. Ma il Patriarca ha detto di più, e cioè che “è molto importante che le chiese cristiane, comprese le nostre, volontariamente o involontariamente, non partecipino a quelle tendenze complesse e contraddittorie che sono oggi presenti nell’agenda mondiale”. Insomma, se qualcuno deve mediare – dicono a Mosca – non deve essere il rappresentante di una Chiesa, men che meno il Papa di Roma. La situazione in cui si trova Kirill è sempre più difficile: una parte consistente del suo clero (e non solo gli ucraini) è contraria al conflitto e ormai lo dice esplicitamente, tra appelli pubblici per la fine della guerra “fratricida”. Lui continua a evitare ogni accenno al conflitto, evitando di nominare Putin. Il rischio è che davvero perda l’obbedienza della Chiesa ucraina da lui dipendente, un terremoto che squasserebbe l’ortodossia moscovita.