Editoriali
Quando l'Auto di stato è sacrosanta
L’intervento di Cdp in Stellantis non è un prestito e nemmeno un bonus
Stellantis, il gruppo nato dalla fusione tra Fca e Peugeot-Citroën, ha chiuso il 2021 (anno orribile per l’Auto) con 13,4 miliardi di utili che daranno agli azionisti 3,3 miliardi di dividendi e ai dipendenti bonus per 1,9 miliardi. Quando l’ad Carlos Tavares ha annunciato a fine febbraio questi risultati la guerra in Ucraina non era ancora divampata nelle attuali dimensioni, con le prevedibili ricadute che aggravano la scarsità di materie prime e semiconduttori. Mail capo dell’azienda portoghese, un superman del settore, già anticipava la maggior dipendenza dalla Cina, confermando però un investimento di 30 miliardi per la gigafactory di Termoli, che produrrà batterie al posto dei motori diesel e che si affiancherà ad altre due in Francia e Germania. Un mese fa il Copasir, Comitato interparlamentare che sovraintende ai servizi segreti, aveva raccomandato al Tesoro di intervenire con una quota azionaria in Stellantis: intervento possibile con la Cassa depositi e prestiti, sull’esempio di Bpifrance, la banca pubblica d’investimenti già presente con il 6,2 per cento.
Non c’è dubbio che la fusione, decisa nel 2019 dopo il fallimento di quella con Renault della quale lo stato francese ha la maggioranza, è stata un’operazione secondo mercato: l’operazione Fca-Renault era stata infatti bloccata dall’Eliseo dopo un burrascoso colloquio tra Emmanuel Macron e John Elkann. Né avevano ragione le polemiche iniziali sul fatto che Tavares venisse da Peugeot, che aveva risanato dopo aver fatto lo stesso proprio con Renault. Nazionalismo e dirigismo quindi non c’entrano nulla, mentre ha un senso che la Cdp, tra i suoi molti e spesso disordinati interventi, acquisti, presumibilmente da Exor, una quota di Stellantis. Non certo perché lo stato si rimetta a produrre in perdita e a nominare dirigenti come ai tempi dell’Alfa Romeo, ma perché l’Auto fra transizione energetica e geostrategia merita l’attenzione dello stato. Diversa dai prestiti come i 6,3 miliardi dati a Stellantis per tutelare la filiera italiana, restituiti in anticipo; né con la logica dei bonus.