Editoriali
L'impunità non ci fu: assolti Garavaglia e Mantovani per la Sanità lombarda
Un altro nulla di fatto per la procura di Milano e per i giornali alfieri della gogna mediatica
Quando un tribunale, in questo caso la Corte d’appello di Milano, manda assolti amministratori ed esponenti politici “per non aver commesso il fatto”, dunque per assenza di reato – e i reati, o “fatti”, presunti sarebbero in questi casi cosucce come l’abuso d’ufficio, la turbativa d’asta, la corruzione e la concussione in gare d’appalto – fa persino sorridere vedere che certi giornali, alfieri delle procure e della gogna giudiziaria, non riescono a resistere alla tentazione di rubricare la notizia, che sono costretti a dare, a smentita di anni e anni di accuse, sotto l’occhiello: “Giustizia & impunità”. Purtroppo però non c’è nulla da sorridere, specialmente per le persone che sono state imputate, o addirittura incarcerate, ingiustamente. C’è soltanto da ribadire, una volta di più, che la parola “impunità” rivolta alla politica il più delle volte è un insulto ingiusto.
Non c’è stata alcuna “impunità” nel caso di Massimo Garavaglia, leghista oggi ministro del Turismo e, nel 2014, assessore lombardo all’Economia, e di Mario Mantovani, forzista e allora vicepresidente della regione e assessore alla Sanità. I due – con altri funzionari, oggi tutti ugualmente assolti – erano stati accusati per una banale sequenza di contatti telefonici in cui Garavaglia segnalava, pro bono, che una delibera per affidamenti di servizi ai dializzati rischiava di penalizzare ingiustamente la Croce Azzurra, i cui volontari erano i più impegnati nel servizio. Niente di più, come ha chiarito l’Appello facendo cadere tutte le accuse. Garavaglia era già stato assolto con formula piena in primo grado, Mantovani invece era stato condannato, in base a un’accusa che lo vedeva addirittura “a capo” di un “sistema di favori” e terminale di un “groviglio di interessi pubblici”. Mantovani, che ai tempi rivestiva un ruolo politico importante del centrodestra lombardo, subì anche l’arresto e 40 giorni di carcere poi trasformati in domiciliari.
Tutti assolti, e per la procura di Milano un altro punto di domanda su come vengano istruite, troppo spesso, le indagini che riguardano la politica. Altro che impunità.