Editoriali
Eni si prepara a pagare Gazprom (in euro) e apre i conti a Mosca
L'azienda guidata da Claudio Descalzi aprirà due conti correnti presso Gazprombank, uno in valuta europea e l'altro in rubli. Sulla carta questo non vìola le linee guida della Commissione europea, ma alcuni portavoce hanno dichiarato il contrario
La confusione che si è creata intorno al pagamento del gas in rubli, anche grazie alla posizione incerta della Commissione europea, ha sollevato un dibattito dietro cui non si mettono bene a fuoco le debolezze della Russia. Nella “zona grigia” lasciata da Bruxelles – copyright Mario Draghi – c’è più di una convergenza con le ambiguità di Mosca. Ieri Eni ha illustrato la procedura che ha avviato per onorare con Gazprom l’imminente pagamento in scadenza. Come altre aziende europee, anche quella guidata da Claudio Descalzi aprirà due conti correnti denominati K presso Gazprombank, uno in euro e uno in rubli. Sulla carta questo non vìola le linee guida della Commissione europea, ma alcuni portavoce hanno dichiarato il contrario.
Tuttavia, Eni non pagherà nella moneta di Mosca, ma verserà quanto dovuto in euro. D’altra parte, la stessa società russa, nei giorni scorsi ha inviato la fattura dovuta in vista del pagamento nella valuta prevista dal contratto, ha dichiarato Eni. La conversione in rubli avverrà tramite la Borsa di Mosca entro 48 ore dall’accredito e senza coinvolgere la Banca centrale russa, attualmente sotto sanzioni. Non sembrano esserci contraddizioni tra questa procedura e le linee guida della Commissione europea, dal momento che l’unico divieto chiarito è quello di pagare in rubli. Lo stesso decreto del Cremlino firmato lo scorso 31 marzo contempla grandi margini di discrezionalità: il pagamento in rubli non è obbligatorio ma è una delle richieste, soggette comunque a deroghe. E’ vero che in questo modo Putin potrà continuare ad agitare la minaccia di staccare il gas, ma è vero anche che rinunciare a vendere in Italia o Germania non è esattamente come rinunciare alla Bulgaria, unico paese con la Polonia a cui Mosca ha chiuso i rubinetti. E lo conferma anche il confronto che Eni ha avuto con Gazprom, fornitore finora affidabile, da cui sono emerse alcune garanzie. Alla fine il compromesso si è trovato proprio nella “zona grigia” ma grazie anche alle debolezze di Putin.