Editoriali
Mef contro te. Il modello Franco è un problema per Draghi
I contropoteri e le capacità di influenza non dichiarata hanno trovato un luogo di compensazione inaspettato negli uffici del ministero dell'Economia. Da Ita a Saipem fino a Mps: tre casi da tener d'occhio per misurare l'azione del governo
Da qualche parte il conflitto o almeno la resistenza anche solo puramente difensiva e dilatoria deve annidarsi, è una legge del potere e della politica. Il governo di Mario Draghi è certamente diverso da una lunga serie di governi precedenti ma non sfugge a questa regola. I contropoteri, le capacità di influenza non dichiarata ma notissima nelle specifiche bolle di influenza, stavolta, un po’ a sorpresa, sembra che abbiano trovato albergo nella struttura allargata riconducibile al Mef. Non siamo in zona Rocco Casalino, eh, niente intercettazioni con toni volgari a mostrare un indicibile scontro tra Palazzo Chigi e ministero dell’Economia. E poi stavolta non si tratta di frenate ministeriali che puntano a tenere il governo sui binari europei e nella ortodossia finanziaria. No, stavolta succede che, per quella legge di conservazione dell’energia politica cui si accennava prima, le diverse rappresentanze di interessi abbiano trovato un luogo di compensazione inaspettato negli uffici della galassia Mef e negli snodi delle controllate. Perché da Palazzo Chigi arrivano impulsi chiari e forti, in cui si vede che alle indicazioni di Draghi si accompagna l’impostazione di politica economica di Francesco Giavazzi, soprattutto riguardo alla gestione delle partecipate dello stato.
I progetti innovativi o anche semplicemente ortodossi rispetto alle scelte dei paesi a economia di mercato aperta e matura arrivano dal cuore del governo e al più potente ministero, coadiuvato dalle varie linee di comando nelle aziende, e toccano la guerriglia e l'astuzia dei temporeggiatori. Prendiamo la vicenda di Ita. La vendita, in presenza di due offerte ormai definite, dovrebbe essere questione di due settimane, al massimo. Ma la sensazione è che il tempo passi senza veri progressi verso l’assegnazione della vittoria, anzi, circolano e si fanno circolare ricostruzioni di una situazione fattasi tesa fra le parti, di inciampi, di rallentamenti. A Palazzo Chigi, però, non si dà molto credito all’attività dei guastatori della trattativa con i possibili acquirenti. La vecchia Alitalia è già stata smantellata e ora, si dice, la situazione è opposta a quella su cui tante volte interessi politici e rappresentanza di specifiche e vocianti componenti del lavoro nel trasporto aereo riuscivano a fermare ogni tentativo di rinnovamento. Stavolta è tutto a rovescio. La piccola Ita deve essere trasformata e rinforzata tramite alleanze per poter tentare il riassorbimento dei tanti lavoratori ex Alitalia tuttora in cassa integrazione. Insomma, chi rappresenta gli interessi dei dipendenti, in prospettiva è la gestione dell’azienda inserita in un’alleanza forte. Ma a questa versione dei fatti non si adeguano i vecchi potentati del trasporto aereo. La loro voce arriva suadente negli uffici di Ita e al ministero, con l’obiettivo di lasciare tutto com’è e favorire il mantenimento del controllo pubblico senza una scadenza. Una super proroga della presenza statale, venduta ai lavoratori come strada per il rientro integrale dalla cassa integrazione. La partita si gioca sul fattore tempo, perché è evidente come il passare delle settimane incida sulla capacità decisionale del governo.
Qualcosa di simile, e sempre il punto di smistamento è il Mef, sta succedendo con un’altra eterna questione legata all’intervento statale di salvataggio e cioè con Mps. Le tattiche dilatorie sono addirittura più scoperte, con capi partito pronti a intestarsi fieramente l’impegno di salvare indipendenza e territorialità del Monte, sfidando la logica economica e i fondamenti dei mercati, con una stanca ripetizione di slogan invecchiati male e ormai staccati da ogni rapporto con la realtà. Attorno ai poteri del ministero, sotto la conduzione da non protagonista del ministro Daniele Franco, si consumano scontri nella maggioranza (tenuti sotto traccia a palazzo Chigi) e scontri all’interno dei vari partiti. Ha meno appeal sociale ma ne ha molto per i mercati finanziari e per le tecnologie di cui è titolare la vicenda Saipem. Ma anche in questo caso c’è qualche forma di resistenza non dichiarata ma molto efficace nel frenare o nel reindirizzare le operazioni di rilancio. L’azienda è osservata speciale per il vistoso crollo borsistico e l’ultimo tentativo di impostare la ripartenza su nuove basi finanziarie si è infranto su una impostazione dell’aumento di capitale fortemente sgradita agli investitori. Sembra un errore grave, ma è difficile che sia stata una disattenzione. Sono tre casi e, un po’ sciattamente, potremmo dire che insieme fanno una prova. Certamente sono i casi da tenere d’occhio per misurare il grado di indipendenza e la capacità di azione del governo Draghi rispetto alle forze della sua stessa maggioranza.