Henry Kissinger durante un discorso pubblico a Berlino nel 2020 (Getty Images)

EDITORIALI

Il realismo non prevede concessioni a Putin. Kissinger cambia idea

Redazione

Il Nobel per la Pace dice che Kyiv non deve dare territori alla Russia. La minaccia russa

Henry Kissinger ha modificato il suo approccio alla guerra o forse soltanto l’obiettivo della sua politica realista. Novantanove anni, Nobel per la Pace per il negoziato in Vietnam del 1973, ex consigliere per la Sicurezza ed ex segretario di stato, uno degli architetti della politica estera americana dagli anni Settanta e ancora oggi molto influente, Kissinger ha detto in un’intervista alla Zdf tedesca (anche lui è tedesco: scappò da Hitler) che fare concessioni territoriali alla Russia in Ucraina non è un’opzione da prendere in considerazione e che l’occidente deve concordare con Kyiv quali sono le questioni sul tavolo e quali no, in qualsiasi circostanza. La guerra di Vladimir Putin è entrata nel sesto mese, non c’è un vincitore sul campo, l’unico accordo siglato è stato quello sullo sblocco dell’esportazione del grano su cui la Russia non collabora (ha già rubato e rivenduto grano ucraino in grandi quantità) e l’idea che l’Ucraina debba accettare decurtazioni territoriali che significano un’occupazione violenta e sanguinosa ha finito per risultare indigesta anche per il realista Kissinger. Il quale dice di non essere stato ascoltato con attenzione sulla guerra, a partire dal discorso a Davos, a maggio, quando aveva detto che l’Ucraina doveva negoziare “prima di creare sconvolgimenti e tensioni che difficilmente potranno essere superati”.

Era sembrato ai più un monito a Kyiv: non volere troppo, altrimenti la guerra non finisce o diventa nucleare. Kissinger ha detto di essere stato frainteso, che l’occidente assieme all’Ucraina deve dotarsi di obiettivi politici oltre che militari. In realtà ci sono già gli obiettivi politici, come quello dello sblocco dei porti, ma quando sembrano raggiungibili Putin fa capire che non è così. Kissinger pensa che si debba insistere, così come pensa che, visto che con la Russia i margini del realismo sono ormai minuscoli, si debba cercare di evitare di ritrovarsi nella stessa situazione con la Cina: “il confronto senza fine”, ha detto il realista più noto del mondo, è pericoloso.

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