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Editoriali

I costosi sogni sovranisti su Ita

Redazione

L’altolà di FdI alla vendita è un pessimo segnale e non rilancia il settore

La politica è stata troppo spesso protagonista nella gestione di Alitalia e questo è costato diversi miliardi di euro al contribuente italiano. La decisione di concludere il processo di vendita da parte del governo Draghi è dunque corretta, soprattutto visto che l’alternativa è quella di continuare a spendere altri soldi pubblici. E’ chiaro che le affermazioni da parte di alcuni politici, in primo luogo quelle del vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, che vorrebbero mantenere il controllo diretto dell’azienda rischiano di diventare un freno al processo di vendita e di fare scappare gli acquirenti. L’idea alla base della politica è sempre la solita, quella della compagnia di bandiera. Si ricorda però che il mercato aereo è stato liberalizzato alla fine degli anni ’90 e Alitalia dal 2000 ha cominciato a perdere soldi per oltre 20 anni di seguito.

 

Una compagnia che prima della pandemia e prima di “trasformarsi” in Ita Airways perdeva 600 milioni di euro l’anno quando tutti gli altri vettori avevano margini positivi e che nel 2021 ha trasportato solo il 3,8 per cento dei passeggeri da e per l’Italia. Un dato invece positivo è stato quello della liberalizzazione che ha permesso al mercato di passare da 53 milioni di passeggeri del 1997 ai 161 milioni di passeggeri del 2021, nonostante i problemi di Alitalia. E’ vero che l’Italia deve essere ben collegata al mondo, ma si può ben dire che questo compito sia esercitato da un buon numero di compagnie aeree che connettono il nostro paese. La politica dovrebbe preoccuparsi, piuttosto che avere sogni di grandezza nazionale con una compagnia aerea a carico del contribuente, di migliorare l’attrattività del settore, che è fatto di tanti operatori oltre alle compagnie aeree. Pensare di risollevare le sorti di una compagnia che non stava in piedi prima della pandemia, con una strategia standalone durante questa difficile ripresa post-pandemica sembra essere il sogno della politica, ma rischia di tramutarsi in fretta in incubo per il contribuente.

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