Editoriali
L'Aiea mette piede in Iran
Ci sono dei contatti diplomatici in corso. L’analisi dell’intelligence
Dal 16 settembre a oggi in Iran non si sono mai fermate le proteste ma, per la prima volta, negli ultimi tre giorni ci sono stati degli avvicinamenti diplomatici tra occidente e Teheran. I primi da quando, con la morte di Mahsa Amini mentre era in custodia della polizia religiosa, è cominciato un movimento di protesta che chiede la fine della Repubblica islamica, che è diffuso su tutto il territorio iraniano e che per determinazione (dura da più di tre mesi) non ha precedenti dal 1979. Dopo che il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha detto: “Penso che non abbiamo un’opzione migliore dell’accordo sul nucleare per garantire che l’Iran non sviluppi armi atomiche”, oggi la delegazione iraniana e quella dell’Ue, guidata da Enrique Mora, si incontreranno durante una conferenza internazionale in Giordania. Questo mentre l’Aiea, l’Agenzia per il monitoraggio dell’energia atomica dell’Onu, è appena stata in visita a Teheran. Anche se era lì per una missione internazionale e tecnica, è stata la prima volta che funzionari occidentali hanno messo piede in Iran dalla morte di Amini.
Con l’inizio delle proteste e i primi utilizzi di droni iraniani da parte dei russi in Ucraina, ai diplomatici occidentali parlare dell’accordo era sembrato fuori luogo. Robert Malley, inviato speciale per l’Iran dell’Amministrazione Biden, continuava a ripetere che “non è più una priorità”. Adesso questi incontri e visite sono i primi da quando, di fatto, è stata decisa una pausa generale nelle relazioni con l’Iran. Lo scopo del “congelamento” era: evitare di dare il segnale che il sistema attuale è considerato quello legittimo e, di conseguenza, ridimensionare la portata rivoluzionaria che la protesta poteva avere. Forse in tutto questo c’entra il fatto che Avril Haines, direttrice del National Intelligence, e William Burns, direttore della Cia, hanno detto che la legittimità della Repubblica islamica è indubbiamente compromessa, ma non si ritiene “che il regime iraniano possa essere minacciato nell’immediato”.