Editoriali
Il giornale di Parigi oscura Maometto. Che fatica la libertà di parola
Il Parisein per illustrare un articolo ha utilizzato un dipinto del Profeta, ma ha avuto cura di cancellarne il volto. Un errore umano, o più semplicemente paura umana
Chimamanda Ngozi Adichie, nata in Nigeria, che vive negli Stati Uniti ed è la scrittrice nera più famosa al mondo, nelle celebri “Reith Lectures” di quest’anno per la Bbc ha formulato un poderoso atto d’accusa alla cultura occidentale. Adichie ha detto che c’è “una epidemia di autocensura”. “Il romanzo di Salman Rushdie verrebbe pubblicato oggi? Probabilmente no. Verrebbe scritto? Forse no”. Il Parisien, il grande giornale della capitale francese, per illustrare un articolo che spiega il licenziamento di un accademico che aveva mostrato immagini medievali di Maometto negli Stati Uniti, ha utilizzato un dipinto del Profeta, ma ha avuto cura di cancellarne il volto. Il vicedirettore assicura che si tratta dell’“errore di un redattore”. Un errore umano. O forse semplicemente paura umana.
In Alsazia un insegnante è stato appena minacciato di morte per aver parlato delle vignette di Charlie Hebdo su Maometto. Due anni dopo, il nome di Samuel Paty è riemerso. E fa paura. In un paese dove ai redattori di un settimanale – lo stesso Charlie Hebdo – il capo delle Guardie iraniane della Rivoluzione promette di fagli fare “la fine di Salman Rushdie”. Una docente della Hamline University, Erika López Prater, ha mostrato in classe un’immagine del Profeta e l’università ha rifiutato di rinnovarle il contratto. La docente aveva mostrato le immagini di due dipinti di Maometto del XIV e del XVI secolo. Opere medievali considerate canoniche. Aveva avvertito la classe prima della lezione, in modo che gli studenti musulmani osservanti potessero scegliere di non vedere il materiale, per motivi religiosi. Il rettore della Hamline, Fayneese S. Miller, ha detto che il rispetto per gli studenti musulmani “avrebbe dovuto sostituire la libertà accademica”. Siamo a questo?