editoriali
Trattare i professionisti come impiegati non è un modo di tutelarli ma di tradirli
L’equo compenso è una cattiva idea: un modo dichiarato per aggirare il superamento delle tariffe professionali e rischia di essere parte di un fenomeno più ampio di ri-regolamentazione
Ieri l’aula del Senato ha dato il via libera, all’unanimità, al disegno di legge sull’equo compenso. Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha commentato: “Siamo a un passo dalla meta: il riconoscimento della piena dignità economica alle prestazioni professionali. Basta patti leonini ai danni dei professionisti, soprattutto giovani, e basta contratti capestro”.
Gli ha fatto eco, per il Partito democratico, il senatore Alfredo Bazoli, ricordando peraltro che il ddl si pone in continuità con un progetto dell’ex ministro Andrea Orlando: “Dopo che negli anni scorsi sono state abolite le tariffe minime e massime, sappiamo troppo spesso che committenti forti hanno imposto condizioni contrattuali ai professionisti che molto spesso sono andati a ledere la dignità del lavoro liberi professionisti”. L’unanimità, su temi controversi, dovrebbe sempre suscitare qualche sospetto. In questo caso, ben di più.
L’equo compenso è un modo dichiarato per aggirare il superamento delle tariffe professionali e rischia di essere parte di un fenomeno più ampio di ri-regolamentazione. Non solo ciò mette in discussione quel poco di concorrenza che, con fatica, si è riusciti a introdurre nei servizi professionali. Rischia di danneggiare proprio quelli che, a parole, più intende tutelare, cioè i giovani. Ne era del tutto consapevole (e chissà se lo è ancora) Pier Luigi Bersani, che nel 2006, da ministro, volle fare piazza pulita delle tariffe professionali proprio per consentire ai giovani di affacciarsi sul mercato e attirare nuovi clienti. Ma, anche al di là di questo, la differenza tra il lavoro autonomo e quello dipendente sta proprio nella diversa propensione al rischio e nella determinazione dei prezzi in seguito a un accordo specifico tra le parti. Trattare i professionisti alla stregua degli impiegati non è un modo di tutelarli ma di tradirli.