editoriali
A Tunisi Gentiloni offre aiuto a Saied, ma niente prestiti “sulla fiducia”: prima le riforme
Nell'incontro in Tunisia il commissario agli Affari economici ha ribadito la posizione dell'Ue: gli aiuti economici arriveranno solo dopo aver fatto le leggi e aver ristabilito lo stato di diritto nel paese. Invertire l’ordine, come vorrebbe l’Italia, non è ipotizzabile
Questa mattina sembrava che il vertice fra Paolo Gentiloni e il presidente tunisino Kais Saied dovesse saltare, trasformando in un fallimento la visita del commissario Ue agli Affari economici a Tunisi. Poi qualcosa è cambiato e i due hanno avuto un colloquio in cui Gentiloni ha ribadito la posizione dell’Ue: prima si fanno le riforme e si ristabilisce lo stato di diritto e poi arriveranno gli aiuti economici. Invertire l’ordine, come vorrebbe l’Italia, non è ipotizzabile. Bruxelles promette un “piano di aiuto macrofinanziario supplementare”, ma a condizione che la Tunisia trovi prima un accordo con il Fondo monetario internazionale (Fmi) per il prestito da circa 2 miliardi di dollari. L’Ue non vuole essere accusata di avere abbandonato la Tunisia, ma di fatto si schiera sulla stessa linea degli Stati Uniti: servono garanzie sulla fine delle carcerazioni di sindacalisti, giornalisti, oppositori e migranti e sull’attuazione delle riforme economiche.
L’atteggiamento sprezzante di Saied è controproducente per un paese che è sull’orlo della bancarotta. I dubbi sulla solvibilità dello stato tunisino sono sempre più grandi, perché alla mancata chiusura dell’accordo con il Fmi – accordo raggiunto a settembre dello scorso anno, ma che poi Saied ha ritrattato – si è aggiunto il blocco di ogni progetto della Banca mondiale come ritorsione per le politiche discriminatorie contro i migranti subsahariani. Di fronte alla linea convergente dei nostri partner internazionali, l’Italia resta oggettivamente isolata, e si rischia l’impressione di voler salvare il dittatore a ogni costo, con un prestito “sulla fiducia”.
Il governo Meloni segue di fatto la linea dei suoi predecessori, e certo gestire un problema epocale come l’immigrazione mettendo tra parentesi la situazione politica ha evidenti limiti, basti guardare al caso libico. Ma non si può tralasciare il realismo, che ci parla, esattamente come la Libia, di una emergenza enorme che vede l’Italia in prima linea spesso senza solidarietà europea. Sostenere i processi democratici è necessario, ma l’Europa rischia di farlo trascurando il montare di una marea che colpirà solo un paese.