Editoriali
Mandare l'Europa in farmacia. Perché è sbagliato cambiare le regole sui medicinali
La Commissione Ue vuole ridurre la durata della proprietà intellettuale sui farmaci da 8 a 6 anni. Ma ciò significa disincentivare la ricerca nel settore deprezzando il suo capitale
I farmaci, oltre che tenuti lontano dalla portata dei bambini, vanno conservati e maneggiati con cura. La loro regolazione non può essere soggetta a scossoni o a trattamenti decisi su ispirazione del momento, per dare un segnale, per chissà quali fini, per sistemare idiosincrasie o addirittura risentimenti personali. Purtroppo, è la Commissione europea, per una volta, a dare un esempio sbagliato secondo i criteri appena elencati. Lo fa con la proposta, girata a Consiglio e Parlamento (come da prassi istituzionale), con cui si riduce da 8 a 6 anni la durata della proprietà intellettuale sui farmaci (o meglio sulle molecole dei princìpi attivi). Siamo in pieno “Boris” (serie italiana molto divertente) in un classico “così de botto senza senso”. Perché, come è tristemente logico, gli investimenti in ricerca sono commisurati alla durata dei diritti di proprietà intellettuale. Tra zero anni e quindi zero investimenti e infinito, quindi il massimo di investimenti possibili, l’Ue aveva trovato da tempo un compromesso nella durata di 8 anni. Non era l’ottimo per chi avesse voluto massimizzare la remunerazione del rischio d’impresa, ma almeno era un livello su cui erano state tarate le scelte per miliardi di investimenti.
Cambiare le regole significa deprezzare quel capitale. Per Farmindustria, che ricorda come l’Italia sarebbe particolarmente colpita da queste nuove regole, si rischia una catena negativa fatta di meno ricerca, meno sviluppo di nuovi farmaci, minore accesso alle cure e minore occupazione. Il tutto mentre il mondo si appresta a raccogliere i frutti dell’enorme lavoro di ricerca fatto con la pandemia e mentre nuove frontiere farmacologiche vengono avvistate. C’è modo di rimediare, con il lavoro delle altre istituzioni europee. Ma la fatica e l’apprensione delle prossime settimane toglieranno energie e risorse a un settore che dovrebbe essere lasciato in pace a svolgere il suo utilissimo compito.