editoriali
Amnesty censura il rapporto che smentiva la sua indagine su Kyiv
Secondo una commissione indipendente, il documento pubblicato nel 2022 in cui si affermava che “la condotta dell’Ucraina ha messo in pericolo i civili”, era scritto in un linguaggio ambiguo, impreciso e legalmente discutibile. Ma l'organizzazione non vuole che venga reso noto l'esito della revisione
Il 4 agosto del 2022, Amnesty international (Ai) aveva pubblicato un rapporto in cui affermava che “la condotta di guerra dell’Ucraina ha messo in pericolo la popolazione civile”. Il risultato era stato potente, ma allo stesso tempo il rapporto non soltanto indagava solo la parte ucraina ma, a una prima lettura, appariva con poche prove, lacunoso, senza fonti ufficiali ed escludeva dall’indagine una larga parte dell’Ucraina in cui i combattimenti sono più intensi: quella occupata dai russi.
La reazione di Mosca era stata fulminea. L’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, ne aveva approfittato per dire che Amnesty confermava quello che la Russia diceva da sempre: che le Forze armate ucraine utilizzano i civili come scudi. Anche l’Ucraina aveva reagito al rapporto, criticandolo anche per non essere stata coinvolta nelle ricerche. La reazione di tutte le parti era stata tanto forte da spingere l’organizzazione a incaricare una commissione indipendente di revisionare il rapporto. L’esito non è mai stato pubblicato, ma il New York Times ne ha ottenuto una copia in cui si legge che l’indagine di Amnesty era stata “scritta in un linguaggio ambiguo, impreciso e per certi aspetti legalmente discutibile… Questo è particolarmente vero nei paragrafi di apertura, che potrebbero essere letti come implicanti – anche se questa non era l’intenzione di Ai – che, a livello sistemico o generale, le forze ucraine erano principalmente o ugualmente responsabili della morte di civili derivanti dagli attacchi della Russia”.
Amnesty non soltanto non ha ritenuto opportuno, se non onesto, rendere pubblico il rapporto, ma ha anche fatto pressione affinché l’esito della commissione venisse ammorbidito anche se per uso interno. L’organizzazione che si occupa di diritti umani ha svolto il lavoro in modo approssimativo, danneggiato il paese aggredito, ma è anche finita tra le mani della propaganda di Mosca. Anche soltanto per dissociarsi da quest’ultima, sarebbe stato necessario e lodevole dire in pubblico: abbiamo sbagliato.