Editoriali
Se l'Onu piange la nascita d'Israele: un evento per il “Giorno della Nakba”
L’Assemblea generale commemora la “catastrofe” della fondazione dello stato ebraico nella versione palestinese, mentre mille missili partono da Gaza. Bene che Europa e Usa stiano alla larga
Il 29 novembre 1947, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che sancì la fondazione di uno stato ebraico nell’allora ex Palestina mandataria. Il riconoscimento da parte delle Nazioni Unite del diritto del popolo ebraico a fondare il proprio stato è irrevocabile, almeno sulla carta. Questo diritto è il diritto naturale del popolo ebraico ad essere, come tutti gli altri popoli, padrone del proprio destino nel proprio stato sovrano. Per i palestinesi, invece, è la “nakba” (catastrofe). Sei paesi arabi (Egitto, Siria, Libano, Transgiordania, Arabia Saudita e Iraq) invasero Israele a poche ore dall’indipendenza, con un attacco che Azzam Pasha, Segretario generale della Lega araba, definì “una guerra di sterminio, un colossale massacro di cui si parlerà come dei massacri mongoli e delle crociate”.
Adesso per la prima volta le Nazioni Unite organizzano un evento che segna il “Giorno della Nakba” palestinese all’Assemblea generale. Lo scorso novembre, 90 paesi su 193 membri delle Nazioni Unite hanno votato per commemorare ufficialmente il “Nakba Day”. Gli Stati Uniti e il Regno Unito, insieme ad altri paesi europei, hanno dichiarato che non avrebbero partecipato. Nelle scorse ore, da Gaza sono stati lanciati quasi mille missili sulle città d’Israele, raggiungendo Gerusalemme e Tel Aviv, dopo che Israele aveva eliminato i comandanti militari del jihad islamico. Nello stato ebraico c’è anche l’ondata di attentati dalla Cisgiordania. Il ciclo dell’intossicamento non sembra dunque avere mai fine. Israele non accetta la soluzione approntata nel 1948 per gli ebrei da Pasha. E l’Onu non dovrebbe farsi portavoce del fronte del rifiuto. Bene che America ed Europa stiano alla larga.
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