Editoriali
Un clima diverso per Assad. Il dittatore siriano invitato alla Cop28 dagli Emirati
Ieri la presenza di un suo ministro della Salute sedeva ai tavoli dell’Oms, alla fine dell’anno la conferenza internazionale sul clima. Continua la riabilitazione del leader di Damasco, nella sostanziale indifferenza dell’occidente
La pazienza glaciale di Bashar el Assad si conferma la più micidiale delle armi a sua disposizione. Gli attacchi chimici lanciati contro i civili inermi, fra cui molti bambini, la distruzione di Aleppo patrimonio dell’Unesco, la scomparsa di centinaia di migliaia di dissidenti per mano del Mukhabarat, i suoi spietati servizi segreti. Con gli anni, tutto sembra essere dimenticato, sia in medio oriente sia in occidente. Il ministro della Salute del “macellaio” di Damasco ieri sedeva ai tavoli del quartier generale dell’Organizzazione mondiale della sanità di Ginevra. Sorrisi, incontri, strette di mano anche con il collega rumeno, paese dell’Unione europea da cui – coincidenza – viene anche il controverso Dan Stoenescu, capo della diplomazia europea a Damasco. Dal punto di vista di Assad, il momento più “esaltante” della sua riabilitazione internazionale è stato il ritorno nella Lega araba. Ma nei suoi piani, quello non è che il primo passo.
La settimana scorsa gli Emirati Arabi Uniti, principali facilitatori della normalizzazione, hanno recapitato ad Assad l’invito ufficiale alla prossima Cop28 per il clima, in programma a Dubai alla fine dell’anno. Uno “scherzo malato”, l’ha definito Amnesty International, ma se è vero che non sembra esserci un limite al cinismo nel ritorno alla ribalta di Assad, è altro a spaventare ancora di più. È la sostanziale indifferenza dell’occidente. Quella dell’Onu, in primis, che patrocina la conferenza internazionale sul clima e che si ritroverà nella situazione surreale di accogliere nelle buvette un criminale che ha riversato gas sarin e bombe al cloro contro il suo stesso popolo, come appurato dalle indagini condotte in questi anni dalle stesse Nazioni Unite. E poi quella di Stati Uniti ed Europa, che da mesi ripetono la loro formuletta stanca: noi non intendiamo normalizzare le relazioni con Assad, ma se altri vogliono sono liberi di farlo. Un modo per non lasciare le proprie impronte digitali sulla riabilitazione del dittatore di Damasco.