Editoriali
Prodi e quell'autoritarismo da ridere sul governo
L’ex premier sbanda su Meloni e accusa la maggioranza, ma offre spunti utili sui difetti di Schlein
Intervistato da Fabio Martini sulla Stampa, Romano Prodi accusa esplicitamente il centrodestra di governo di “autoritarismo”. Le prove sarebbero la trasformazione del duopolio televisivo in un “monopolio della destra” e nella mancata nomina di Stefano Bonaccini a commissario per l’alluvione in Romagna. Bastano questi due “segnali” per sostenere che “così sta cambiando la natura del paese”? Anche sui dati piuttosto positivi per l’economia Prodi esprime dubbi, si tratta solo di dati congiunturali, di un rimbalzo più robusto dopo un crollo più pesante di quello subìto dagli altri paesi europei. Se è molto severo con Giorgia Meloni, Prodi non è certo compiacente con Elly Schlein.
Il centrosinistra, dice, deve “ripartire da Vicenza e da Verona”, città conquistate da giovani sindaci che con il Nazareno non hanno niente a che vedere e lo dicono chiaro. Schlein, invece, ha sbagliato a giustificare l’aggressione a Roccella, “è stato un autogol … si doveva dire che una contestazione di quel tipo è inammissibile”. Ma forse la stilettata più penetrante sta nella considerazione secondo cui Prodi dice che il programma del centrodestra sarebbe “facilmente contestabile con un minimo di intelligenza politica”, lasciando intendere che quel minimo ancora non è stato raggiunto. Si ha l’impressione, leggendo le considerazioni del Professore, che della politica di oggi non gli piaccia niente, forse perché ha una memoria un po’ troppo rosea del periodo in cui aveva un ruolo politico di primo piano in Italia e in Europa. Prodi è informato e competente ancora, ma forse le sue chiavi di lettura sono rimaste quelle di allora, il che lo induce a un pessimismo che si traduce poi nei giudizi liquidatori che riserva alle protagoniste della dialettica politica attuale. Forse uno sforzo in più per capire le ragioni che hanno portato questi nuovi leader a emergere sarebbe utile, per evitare di sembrare un nostalgico di un “bel tempo antico” che peraltro, a guardar bene, non era poi così bello, nonostante quello che ne pensa Prodi (e dall’altra parte Silvio Berlusconi).