Editoriali
Washington complica la missione del Papa per la pace in Ucraina
La Casa Bianca: “Solo Zelensky può decidere quando negoziare"
A precisa domanda sulla “missione” della Santa Sede per cercare di rimuovere gli ostacoli alla pace fra russi e ucraini, il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha detto che “ogni proposta di pace che possa mettere fine al più presto alla guerra è la benvenuta”, ma “ogni proposta deve essere considerata credibile e sostenibile e deve avere il sostegno del presidente Volodymyr Zelensky”. E comunque, ha aggiunto, Mosca “non è interessata affatto” a negoziare: c’è, da parte del Cremlino “zero inclinazione” ad avviare colloqui che siano davvero costruttivi. La già complicata “missione” vaticana si complica, dunque, anche perché viene meno il sostegno esplicito e concreto – le scontate parole di apprezzamento contano poco – del principale attore capace di esercitare una “pressione” sostanziale su Kyiv affinché accetti quantomeno di sedersi attorno a un tavolo.
La Santa Sede procede a cerchi concentrici: l’obiettivo è rimuovere gli ostacoli sulla via della pace (o, più realisticamente, della tregua) fra russi e ucraini, ma per farlo è necessario coinvolgere gli altri che contano, dagli Stati Uniti all’India, dal Brasile alla Cina. E’ chiaro però che se Washington si mostra inflessibile nel sostegno a Kyiv (e lo rende esplicito), la missione si rivela già in tutta la sua evidente debolezza. Senza l’America, infatti, non si va da nessuna parte. E di certo non servirà a molto la presunta intesa con l’ambiguo Lula, che poco dopo aver terminato un colloquio telefonico con il Papa, ha fatto sapere su Twitter che lui e Francesco sulla guerra più o meno sono d’accordo. A casa di Zelensky registrano tutto, sempre più convinti che o si prendono le parti dell’Ucraina in modo dichiarato e netto, o i tentativi di mediazione non saranno altro che una perdita di tempo.