Editoriali
Mattei non avrebbe definito “non ostile” la giunta in Niger. Consigli a Crosetto
Dare pubblicamente una mezza pacca sulle spalle ai golpisti, come ha fatto il ministro della Difesa dopo essersi pure scagliato contro la Francia, non è proprio la mossa diplomaticamente più indicata, se non altro perché scredita il presidente eletto e nostro alleato, Mohamed Bazoum
Non è solamente questione di saper scegliere le parole giuste, ma certo la politica estera di un governo autorevole come quello dell’Italia vive di regole non scritte che disciplinano il metodo con cui questa si realizza. E così la crisi in Niger potrebbe definirsi un caso di scuola per il governo di Giorgia Meloni, perché se legittimamente l’Italia intende giocare un ruolo di primo piano nel post golpe a Niamey, è pur vero che finora gli errori comunicativi sono stati più di uno. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, dal giorno del colpo di stato ha speso parole che rischiano di indebolire le aspirazioni diplomatiche italiane. Dapprima scagliandosi contro la Francia, accusata pubblicamente di voler fare come “i cow boy nel saloon”, nonostante il basso profilo assunto finora da Parigi. Poi, lunedì, rivendicando il dialogo intrapreso fra il nostro paese e la giunta militare che ha preso il potere in Niger. “Durante i colloqui è emersa chiaramente la non ostilità verso i militari italiani presenti da parte del Cnsp”, ha scritto Crosetto sui social.
E’ proprio qui che sta l’inciampo comunicativo, e implicitamente strategico, del ministro. Dare pubblicamente una mezza pacca sulle spalle ai “non ostili” che – al netto degli acronimi spesi in via istituzionale da Crosetto – non sono che golpisti responsabili di avere sovvertito un ordine sancito da elezioni democratiche, non è la mossa più indicata, se non altro perché scredita il presidente eletto, nonché nostro alleato, Mohamed Bazoum. Il Niger per il governo Meloni è un’opportunità per occupare uno spazio in cui i francesi si stanno dimostrando fragili e desiderosi di tirarsi indietro. Ma per chi si ispira a Enrico Mattei, la cui franchezza nella gestione delle relazioni con i leader africani non abdicava mai agli interessi strategici, sarebbe meglio guardare al metodo americano. Pure la vicesegretaria di stato di Biden, Victoria Nuland, ha incontrato i golpisti in questi giorni. Ma lungi dal definirli “non ostili” ha riconosciuto che non esiste nulla di più distante di loro dalle aspirazioni democratiche del paese. Trattare con tutti a volte è necessario, farlo rispettando la grammatica essenziale della diplomazia lo è ancor di più.