editoriali
A Tripoli si combatte (di nuovo)
Cosa sta succedendo in Libia: Dabaiba, gli scontri armati e la politica che ci serve nel Mediterraneo
A Tripoli, in Libia, gli scontri tra la Brigata 444 e la milizia al Radaa hanno causato la morte di più di cinquanta persone e i feriti sono circa centocinquanta. A innescare i combattimenti è stato l’arresto di Mahmoud Hamza, comandante della Brigata 444, da parte degli uomini della milizia al Radaa. Nelle ultime ore la situazione sembra essere rientrata con un accordo raggiunto fra le milizie. Il motivo dell’arresto di Hamza non è ancora chiaro. Alcuni portali di informazione locali speculano su un suo presunto ruolo giocato con il generale dell’est, Khalifa Haftar, per rimuovere il premier Abdulhamid Dabaiba.
Lo stesso Dabaiba ha condannato le violenze e ha visitato alcuni quartieri di Tripoli. Ma gli ultimi giorni di scontri sono soltanto l’ultima dimostrazione che la sua voce non è ascoltata da tutti nemmeno nella capitale. Se qualcuno si illudeva che la sua figura potesse garantire stabilità, gli scontri hanno dimostrato il contrario. Nel paese sono i gruppi armati a comandare e ogni tentativo di smilitarizzarli e unirli in un esercito nazionale finora è fallito. Anzi, le milizie continuano a moltiplicarsi e ad acquisire potere, a scontrarsi in fasi alterne tra di loro, a cercare gli appoggi politici.
La Brigata 444 – che è una delle più forti dell’ovest e che è stata addestrata dai turchi – e la milizia al Radaa hanno disatteso il cessate il fuoco nonostante entrambe, almeno nominalmente, rispondano al Governo di unità nazionale (Gnu) di Tripoli, la prima inquadrata sotto il ministero della Difesa e la seconda sotto il comando della polizia. Puntare su Dabaiba alla guida del Gnu doveva essere una soluzione temporanea in vista delle elezioni. Ma il voto non si è mai tenuto – e chissà se mai si terrà – e questo, agli occhi di molte milizie libiche, ha dissolto ogni legittimità del premier. Il paradosso è che invece, per l’Ue, e l’Italia in particolare, prevale l’illusione che a Tripoli esista davvero un interlocutore affidabile. La realtà di questi giorni dimostra invece che è ora di aprire gli occhi e riconoscere che Tripoli è fuori controllo.