Editoriali
A una settimana dall'attacco azero, von der Leyen tace sul Nagorno Karabakh
I silenzi della Commissione sono stati notati e sono ingiustificabili di fronte a una crisi umanitaria e geopolitica. Non basta Michel a rimediare
A una settimana dall’attacco azero in Nagorno Karabakh la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, non ha ancora commentato la situazione. Il silenzio non è passato inosservato e a colmare il vuoto ci ha pensato un suo tweet risalente all’estate del 2020 che da giorni viene citato: “All’Ue servono fornitori di energia affidabili. L’Azerbaigian è uno di questi”, spiegava Von der Leyen. L’accordo per le forniture dei gas con l’Azerbaigian infatti è un tassello importante della strategia Ue per ridurre la dipendenza energetica da Mosca, un successo che Von der Leyen vuole spendere nella corsa per un nuovo mandato. Un risultato che senza dubbio ha dato ossigeno alla causa ucraina ma che ha rafforzato la convinzione del leader azero di poter agire impunito. Convinzione confermata dagli eventi di questi giorni.
Ispirandosi proprio alla reazione europea in supporto all’Ucraina la leadership armena infatti continua a chiedere a Bruxelles di applicare sanzioni verso Baku, e le richieste per ora sono cadute nel vuoto. Nelle ore in cui un fiume umano di persone attraversa il checkpoint di Lachin per entrare in Armenia, la Commissione inciampa anche sul linguaggio. In una prima nota si parla di aiuti umanitari “a chi ha deciso di partire”, formulazione che fa infuriare Erevan e che il giorno dopo è stata corretta come “a chi è stato costretto a partire”.
Intanto dall’altro lato di Rue de la Loi, il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, che dal 2020 è al timone del difficile negoziato tra Armenia e Azerbaigian, ha ospitato un incontro tra i consiglieri di Erevan e Baku per preparare un possibile incontro tra il premier armeno e il presidente azero la settimana prossima a Granada. La mediazione nel Caucaso meridionale infatti è un dossier che da inizio mandato Michel conserva sotto il suo diretto controllo, tra i due leader europei le cose non vanno bene da tempo, ci sono screzi e gelosie, ma non per questo il silenzio della presidente della Commissione su una crisi umanitaria può essere giustificato.