Editoriali
Sull'Armenia, meglio la Francia dell'Italia
Politica, Macron e intellettuali si fanno sentire. Da noi, solo silenzio
"Un crimine assoluto è commesso davanti ai nostri occhi contro gli armeni condannati a ‘essere violentati, fatti a pezzi, dati in pasto ai cani’. Dobbiamo proteggere la nostra civiltà dalla piaga del pan-turkismo e del neo-ottomanismo, perché dopo gli armeni, prima o poi, verrà il nostro turno. Gli interessi economici e geostrategici non devono condannare ancora una volta gli armeni a morire in silenzio”. Così scrivono una settantina di senatori francesi. Sull’Obs, un appello di intellettuali, molti di sinistra come Raphael Glucksmann, chiede di non abbandonare gli armeni.
Nelle città francesi si susseguono manifestazioni a sostegno del diritto dell’Armenia a esistere e del suo diritto all’autodeterminazione. Emmanuel Macron apre un consolato al confine fra Armenia e Artsakh, come gli armeni chiamavano la dissolta repubblica del Nagorno Karabakh prima che l’Azerbaijan se la riprendesse. Al di là delle recriminazioni legali, politiche e storiche, il popolo che ha subito il primo genocidio del Novecento sta lasciando in massa il territorio che ha abitato interrottamente per duemila anni. E la società europea dovrebbe protestare con gli azeri e i turchi. Invece in Italia non si muove niente. “Erdogan, in una rivisitazione delle teorie pan-turaniane dell’inizio del XX secolo, crede di vedere il suo paese estendersi fino ai confini della Cina, abbracciando l’Azerbaigian e passando per il Turkmenistan, l’Uzbekistan o il Kirghizistan (senza dimenticare il Kazakistan)” racconta Le Point. “Il panturchismo alla fine si trova di fronte un solo ostacolo, anche se piccolo: l’Armenia”. E questo è un problema anche per l’Europa.