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Editoriali

Il ministro degli Esteri di Israele attacca la Santa Sede, ma stavolta sbaglia bersaglio

Redazione

Eli Cohen accusa il Vaticano di essere stato ambiguo nella condanna di Hamas, per aver espresso anche preoccupazione per i civili di Gaza. Ma chiedere al Papa di comportarsi diversamente è impossibile. Non c'è un altro "caso ucraino", le parole del Pontefice sono state chiare

I rapporti tra la Santa Sede e Israele non sono mai stati così delicati. Se all’indomani dell’attacco del 7 ottobre un comunicato dell’ambasciata israeliana criticava duramente quanto detto dai Patriarchi e capi delle Chiese di Gerusalemme (l’accusa era di “ambigua immoralità linguistica”), stavolta il ministro degli Esteri Eli Cohen chiama in causa il Vaticano e lo fa pubblicamente: “Non c’è spazio per paragoni infondati. Hamas, un’organizzazione terroristica peggiore dell’Isis, si è infiltrata in Israele con l’intento di ferire civili innocenti, mentre Israele è una democrazia che cerca di proteggere i suoi cittadini da Hamas. Ci aspettiamo che la Santa Sede condanni in modo inequivocabile e chiaro gli atti terroristici omicidi perpetrati dai terroristi di Hamas”.

“E’ inconcepibile  che un annuncio esprima preoccupazione soprattutto per i residenti di Gaza venga emesso nello stesso momento in cui Israele seppellisce 1.300 cittadini assassinati e una vasta popolazione vive sotto continui attacchi missilistici ”. Al Papa viene chiesto qualcosa di impossibile: come può la Santa Sede non esprimere preoccupazione per la popolazione civile di Gaza? Come possono i Patriarchi di Gerusalemme non menzionare la popolazione palestinese lì residente, che – seppure in minima parte – è cristiana? Non si vede ambiguità nella presa di posizione vaticana, stavolta. Non è un altro “caso ucraino”. La condanna del massacro è stata immediata. Il segretario di stato, il cardinale Parolin, ha parlato di “attacco disumano”, il cardinale Pierbattista Pizzaballa è andato  oltre: “C’è una dimensione di odio profondo da parte di Hamas nei confronti di Israele e di ciò che è ebraico”. Proprio Pizzaballa si è anche detto disposto a consegnarsi a Hamas in cambio dei bambini israeliani trattenuti in ostaggio. La nota dei Capi delle Chiese di Gerusalemme poteva sembrare stonata rispetto a quanto visto nei kibbutz, ma è stata  superata dalle dichiarazioni successive. In questa fase, la Chiesa può essere un’alleata nell’evitare l’escalation, non una nemica. Ce ne sono già abbastanza, in quel lembo di terra.

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