EDITORIALI
Il corso scolastico sull'“affettività” piace ma al momento ha poco senso
Se non si vuole che tutto finisca con qualche fervorino denso di buone intenzioni ma del tutto inefficace a fornire ai giovani solidi punti di riferimento, bisogna porsi seriamente il problema degli strumenti, delle competenze e delle procedure. Ragionare prima di legiferare
L’emozione suscitata dall’assassinio di Giulia Cecchettin ha indotto le forze politiche a cercare di individuare rimedi in un lodevole spirito di collaborazione. L’attenzione si è concentrata soprattutto sulla possibilità di dare alla scuola una funzione educativa nel campo del rispetto della persona e della sua libertà. Non mancano differenze di impostazioni sulla scelta concreta da adottare, sul carattere curricolare o meno dei corsi o delle riunioni dedicate alla materia o sulla estensione dell’intervento anche ad altre tematiche, comunque rilevanti, come quella del rispetto delle differenze. Il Parlamento discuterà e delibererà su queste differenze, ma il punto essenziale, cioè quello di come si forma un sistema educativo dal nulla su una tematica finora mai affrontata dalla scuola, resta inevaso.
Gli insegnanti dispongono essi stessi della formazione necessaria per trattare di questi temi? Se non si vuole che tutto finisca con qualche fervorino denso di buone intenzioni ma del tutto inefficace a fornire ai giovani solidi punti di riferimento, bisogna porsi seriamente il problema degli strumenti e delle procedure, a cominciare dalla formazione specifica dei soggetti coinvolti nell’operazione: tutte procedure necessarie e preliminari a un’operazione che presenta difficoltà che non possono essere sottovalutate. Passare dalla tradizionale funzione didattica della scuola a una di formazione ed educazione non è semplice. Serve una competenza di tipo psicologico, un linguaggio adeguato a trattare questioni delicate come i rapporti affettivi, un equilibrio che consenta di concentrare la formazione sul rispetto della libertà e della dignità della persona senza imporre “modelli” o concezioni generali dei rapporti sociali e interpersonali che, al limite, possono sconfinare in una concezione da “stato etico”. Rendersi conto delle difficoltà non vuol dire non fare nulla, al contrario è il presupposto per operare seriamente e consapevolmente e deve essere chiaro a tutti che una decisione legislativa è solo un primo passo.
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