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Editoriali

L'Italia sceglie la linea Guterres. E sbaglia

Redazione

Dopo il voto quasi bipartisan alla Camera, Israele è ancora un po’ più solo

Giorgia Meloni ed Elly Schlein si sono parlate due volte ieri in mattinata e la Camera ha poi approvato il primo punto del documento presentato dal Pd (su cui la maggioranza si è astenuta) che impegna il governo “a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza al fine di tutelare l’incolumità della popolazione civile, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi e sicuri all’interno della Striscia”. Intanto Antonio Tajani diceva che “Israele sbaglia perché sta provocando troppe vittime civili”.

Tira un’aria di resa nel fronte occidentale pro Israele. Tira un’aria da linea Onu. Si parla di cessate il fuoco, della necessità di fornire aiuti umanitari a Gaza, di evitare vittime civili, di riconsiderare la soluzione a due stati del lungo conflitto israelo-palestinese. Ma si parla in modo distratto degli ostaggi israeliani (la mozione lo fa, per fortuna) e di non tornare al 6 ottobre con Hamas che in caso di cessate il fuoco alle sue condizioni (e dell’Onu) sopravvivrebbe, seppur indebolito, al potere nella Striscia. Benjamin Netanyahu continua a ripetere a quel fronte occidentale stanco e un po’ svanito che cedere alle condizioni di Hamas, il cessate il fuoco con la sopravvivenza degli islamisti, senza la pressione militare, costituirebbe un danno colossale per la futura sicurezza di Israele e dei suoi abitanti, che nei nostri parlamenti  dimenticano essere le vittime del 7 ottobre che conducono una guerra tragica, difficile e asimmetrica, ma giusta. Israele otterrà una vittoria militare su Hamas, distruggendola o debellandola al punto da non dover scatenare un’altra guerra in futuro, ma sembra aver già perso la battaglia per far riconoscere la legittimità e la giustizia della sua campagna  contro un’organizzazione che si autoproclama genocida,  ripetendo a tutti che farà un altro 7 ottobre, ancora e ancora. La richiesta di un cessate il fuoco senza precondizioni sembra essere tutto ciò che la comunità internazionale, ora anche la parte amica di Israele, ha da offrire. E, vista dal piccolo stato ebraico che da quattro mesi combatte su sette fronti, non è granché. 

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