Editoriali
Rosy Bindi e la minigonna dell'ad Rai Roberto Sergio
L'ex ministra ha lasciato intendere che il dirigente della tv pubblica, sotto scorta dopo aver fatto diffondere un comunicato sul caso Ghali-Sanremo, se l'è cercata. Di fronte a una minaccia non si deve dire che la vittima ne è la “causa”
L’uso cattivo o imprudente delle parole è cosa sempre perniciosa nel dibattito pubblico, lo stravolgimento del termine “genocidio” dopo il 7 ottobre è solo l’esempio più grave. Ma l’uso sbagliato o imprudente dei concetti può essere anche peggiore, ad esempio quando finisce per identificare come responsabile del proprio male, e addirittura di una possibile violenza, la vittima e non chi invece la minaccia. Rosy Bindi è una politica dal linguaggio e dalle idee decise, in una dialettica nemico-amico spesso contundente. Si dice che ha un brutto carattere chi ha carattere, e lei ne ha da vendere. L’esperienza non ha smussato gli spigoli, ma l’intemperanza concettuale di cui ha dato prova ieri a “Tagadà” su La7 è più grave della media.
Interpellata a proposito della scorta che il Viminale ha stabilito per l’ad della Rai Roberto Sergio, che ha ricevuto minacce di morte per avere fatto diffondere un comunicato sul caso Ghali-Sanremo, l’ex ministra e parlamentare ha affermato, bontà sua, che “la sicurezza delle persone è sempre al primo posto”. Facendo però un’aggiunta velenosa e pericolosa: “Anche quando quelle persone sbagliano e sono in qualche modo la causa della loro insicurezza”. Dunque esprimere un’opinione, nel rispetto delle leggi e del proprio ruolo può essere, secondo Bindi, “causa di insicurezza”. Ma da difendere non è il minacciato, bensì il presunto diritto degli autori delle minacce. Tradotto: se l’è cercata. E lo confermano altre parole di Bindi: “Mi sento di riconoscermi in questo momento contro chi protesta per la libertà di espressione”. Anche se minacciano di morte, come da sempre fanno i terroristi? La storia personale e politica di Rosy Bindi è stata drammaticamente segnata, come sappiamo, dall’omicidio di Vittorio Bachelet a opera delle Br. Che proprio Bindi ora, alla foga di una contrapposizione politica, dimentichi e sottovaluti la minaccia dell’estremismo contro rappresentanti inermi di pubbliche istituzioni è sconcertante. Come lo è dire “se l’è cercata” di qualsiasi vittima. Ma forse Sergio aveva la minigonna.
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