Editoriali
Pechino vieta altre app “straniere”
Apple si adegua alla volontà di Xi. Ora sarà ancora più difficile bucare la censura. Gli ultimi sviluppi nella lotta a colpi di social
Le app di WhatsApp e Threads sono scomparse dall’app store cinese dopo che ieri Apple ha ricevuto l’ordine da Pechino di rimuoverle per motivi di “sicurezza nazionale”: “Siamo obbligati a seguire le leggi dei paesi in cui operiamo, anche quando non siamo d’accordo”, ha scritto la società di Cupertino. E mentre in Cina le app di Meta Platforms scompaiono, fuori dal paese l’impresa guadagna da aziende cinesi come Temu e Shein , che pagano per inserire pubblicità su Instagram e Facebook. Sono scomparse anche le app di messaggistica Telegram e Signal, mentre in molti ieri segnalavano come fossero ancora disponibili Facebook, Instagram, Messenger, X e YouTube. Tutte queste app sono già censurate in Cina, bloccate dal Great Firewall, la muraglia tecnologica di Pechino che nasconde qualsiasi cosa sia considerata “pericolosa” per il Partito comunista cinese. Ma lo spazio su internet si farà comunque più stretto per chi tutti i giorni usa nel paese le Vpn, le reti private virtuali che permettono di aggirare il sistema e scaricare le app “straniere”: le usano soprattutto gli occidentali, le imprese che contattano i famigliari e i loro clienti all’estero, e il problema si presenterà soprattutto sugli aggiornamenti delle app.
E’ un’escalation tecnologica che allontanerà un paese già chiuso e repressivo, ma in cui è ancora possibile trovare metodi per rompere la censura: negli ultimi dieci anni Instagram, X, Facebook, YouTube e WhatsApp sono state scaricate dall’app store in Cina oltre 170 milioni di volte, lo scorso anno Threads era tra le cinque app più scaricate nel paese e X, l’ex Twitter, offre un raro spiraglio delle proteste contro la leadership di Xi Jinping. Non è la prima volta che Apple si piega alle volontà di Pechino: già lo scorso anno aveva chiesto ai suoi fornitori con sede a Taiwan di etichettare i prodotti destinati al mercato cinese come “Taipei cinese”. L’annuncio è arrivato mentre le vendite dell’azienda in Cina sono in crisi, e il Congresso degli Stati Uniti si prepara a votare un disegno di legge per vietare l’app di proprietà cinese TikTok.
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