Editoriali
E la stella gialla sulla merce, quando? L'Iniziativa scellerata dei soci Coop
"Ci impegniamo a non acquistare prodotti provenienti da aziende israeliane, a informare altri e incoraggiare consumatori e consumatrici a non acquistare prodotti israeliani”. Adesso il boicottaggio passa attraverso alimentari e prodotti farmaceutici
"Deutsche kauft nich beim Juden”. I tedeschi non comprano dagli ebrei. Così recitava un manifesto nella Germania di Hitler. Allora lo slogan era: “Geh nach Palästina, du Jud”. Ebrei, andate in Palestina! Oggi il motto del boicottaggio è: “Ebrei, fuori dalla Palestina!”.
“Sociocoop per la Palestina. No ai prodotti israeliani nei punti vendita di Coop”. Così recita un manifesto che gira in questi giorni. “Come socie/soci/clienti Coop ci impegniamo a non acquistare prodotti provenienti da aziende israeliane, a informare altri e incoraggiare consumatori e consumatrici a non acquistare prodotti israeliani”. C’è anche il qr code. Un invito a fare pressione sulla Coop perché smetta di vendere prodotti dallo stato ebraico. Un mezzo di pressione per non comprarle.
Il Wall Street Journal scriveva tempo fa che si è passati “dallo Jüdenfrei (nazista) allo Zionistfrei (antisionista”. Quando il boicottaggio ha iniziato a prendere forza in Europa, l’azienda vinicola Bazelet sul Golan ha deciso di spedire le sue bottiglie in Europa avvolte da una bandiera israeliana, in segno di sfida. Chissà se non si arriverà a mettere una stella gialla sui prodotti israeliani. Abbiamo visto città come Leicester mettere al bando i prodotti “made in Israel”. George Galloway ha promesso che anche la sua città, Bradford, sarebbe diventata “Israel free”. Nella città irlandese di Kinvara i ristoranti e persino le farmacie per un periodo non hanno venduto più prodotti israeliani. Ci sono caffè di Londra che hanno esposto la scritta “No Israeli products here”. La città spagnola di Villanueva de Duero non distribuisce più l’acqua israeliana Eden Springs nei suoi edifici pubblici.
In tedesco era “Kauf nicht bei Juden”. Oggi suona più semplice: Boycott divest sanctions.