Editoriali

"Ragà, arzateve pure voi". Cosa ci dice la scenetta tra Meloni, Salvini e Tajani

Redazione

Un piccolo momento rivelatorio sui non detti del governo, meno di qualche secondo, in cui si è visto anche che la capacità di reazione della squadra di ministri è minore di quella del Parlamento

"Sì ragà, alzateve pure voi”, il romano è più rapido e a Giorgia Meloni scappa soprattutto nei momenti di totale sincerità. E il dialetto ha anche nell’esortazione un suono più perentorio, con l’efficacia immediata nel far scattare tutti i membri del governo presenti a Montecitorio, a partire dai vicini vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, dopo che i deputati, di maggioranza e di opposizione, erano già tutti in piedi appena la premier aveva cominciato a parlare della “orribile e disumana morte di Sadnam Singh”, condividendo il dolore e la vergogna per un fatto così crudele avvenuto nel nostro paese e per le decisioni scellerate di un imprenditore italiano.

 

 

Un piccolo momento rivelatorio, meno di qualche secondo, in cui si è visto che la capacità di reazione della squadra di ministri è minore di quella del Parlamento e che il governo, forse perché schermato dalla presenza politica della premier o per altre, misteriose, ragioni, si è un po’ mentalmente e, si direbbe, emotivamente intorpidito. Antonio Tajani,  recuperando dalla posizione seduta, ha tenuto a sussurrare a Meloni che il suo ministero si è già messo al lavoro per far ottenere i visti alla famiglia del lavoratore sfruttato e ucciso in Italia, ricevendo dalla premier un “bravo” sincero ma anche talmente immediato da prendere un tono di sufficienza. Matteo Salvini si è limitato a raggiungere la rispettosa posizione eretta, con quella faccia un po’ distante che mette su quando non è proprio convinto di quello che sta facendo (sguardo di chi è lì a dire: “Giò, ma che davero?”).

Ma il punto, potrebbe sembrare, è nelle posizioni politiche. Con il sostegno alla strategia di Meloni, dall’europeismo (ribadito dalla premier anche quando contesta gli accordi sulle nomine e chiede più spazio al suo gruppo dei conservatori) al sostegno all’Ucraina, dato un po’ controvoglia, stando comodi, senza un impegno che vada oltre alle questioni di bandiera di ciascun partito. Quell’immagine dice molto del governo. E anche del privilegio, per Meloni, di potersi misurare ogni giorno con una maggioranza dove la premier spicca facilmente.