Editoriali
Kishida non si ricandiderà. Il Giappone cerca un leader
Il primo ministro giapponese si dimetterà, ora si apre la corsa interna nel Partito liberal democratico (Lpd). Il fattore simpatia
Alla fine il primo ministro giapponese Fumio Kishida si dimetterà, lo ha annunciato ieri in una conferenza stampa, non si ricandiderà alle elezioni di settembre per la leadership del Partito di governo, il Partito liberal democratico (Ldp), perché “la politica può funzionare solo con la fiducia del popolo”, ha detto. Negli ultimi mesi infatti l’indice di gradimento nei confronti di Kishida era crollato drammaticamente toccando il minimo degli ultimi dieci anni, il suo sostegno si era indebolito soprattutto a causa dell’aumento dell’inflazione e degli scandali politici dentro al partito e sarebbero stati esponenti interni a fare pressioni per le sue dimissioni. Il premier ha messo davanti l’opinione pubblica e “la forte volontà di portare avanti la riforma politica”, aprendo la partita interna per trovare un nuovo leader alla guida del Partito liberal democratico.
Con la fine dell’èra Kishida, ora il primo passo è dimostrare un cambiamento nel Lpd, serve un partito nuovo, ha detto il primo ministro. Tra i candidati pronti a sostituirlo ci sarebbe Taro Kono, che Kishida ha battuto al ballottaggio nel 2021; Toshimitsu Motegi, attuale segretario generale del partito; Sanae Takaichi, una conservatrice intransigente che, se eletta, sarebbe la prima leader donna del partito; e Shigeru Ishiba, che si è già candidato quattro volte alla carica. Secondo gli esperti, per sopravvivere alle elezioni del 2025, è necessario che il Partito liberal democratico scelga un leader che si distacchi dagli scandali: dovrà affrontare “difficoltà interne e internazionali davvero gravi”, ha avvertito Kishida, e “la cosa più importante è governare in modo da conquistare la simpatia del popolo”. Ne sa qualcosa.