Editoriali
I guai americani di Tavares
Stellantis sposta il baricentro e ora lo Uaw minaccia lo sciopero generale: l'apice di uno scontro che rileva contraddizioni e ferite aperte nella gestione del marchio
La minaccia di sciopero generale dello Uaw (United Auto Workers), il più importante sindacato americano del settore automobilistico, è la rappresentazione plastica delle difficoltà di Stellantis e del suo ceo Carlos Tavares in Nord America. L’anno scorso il sindacato ha condotto e vinto lo scontro con le Big Three di Detroit per un contratto collettivo più equo e adeguato ai risultati finanziari delle aziende. Oggi l’accusa mossa verso Stellantis è di non rispettare gli impegni relativi a quel contratto e agli investimenti, a cominciare dalla mancata riapertura dell’impianto di assemblaggio – da convertire alla produzione di autoveicoli elettrici – di Belvidere, nell’Illinois, di proprietà di Chrysler, terzo dei tre grandi marchi insieme a General Motors e Ford. A questo si aggiungerebbe la mancata conversione dell’impianto di Kokomo, nell’Indiana, che doveva diventare una fabbrica di batterie, con un investimento di 3,2 miliardi di dollari. E questo nonostante gli aiuti pubblici di (almeno) 335 milioni per Belvidere e 250 per Kokomo. L’impasse è sicuramente legata alle (crescenti) difficoltà nella diffusione di auto elettriche negli Stati Uniti, che hanno portato anche Gm e Ford a revisioni di strategia e posticipi di investimenti.
Tuttavia è un fatto che le vendite, non solo elettriche, dei marchi Stellantis stanno perdendo terreno in America (-21 per cento nel secondo trimestre 2024) e pagando politiche di prezzi alti applicate a gamme fin troppo attempate e risicate. Basti vedere l’emaciato listino di Chrysler, che pure dovrebbe essere un costruttore generalista, con solo tre (vecchissimi) modelli. Inevitabile l’impatto sul titolo (con annesso tentativo di class action, invero tipico degli Stati Uniti). Ci sono poi le polemiche su Tavares, non solo per l’iper compenso incassato nel 2023 e per le differenze con Sergio Marchionne (detto l’Americano). Ma anche perché, con il passaggio da Fca a Stellantis è indubbio che il baricentro si sia spostato in Europa: i marchi del Vecchio continente sono dieci contro i quattro americani.