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Editoriali

I soldati russi umanizzati, no grazie

Redazione

Un film a Venezia dà voce a chi esegue gli ordini di Putin contro gli ucraini

"Russian at war” è un film presentato alla Mostra del cinema di Venezia della regista russo-canadese Anastasia Trofimova che si è ritrovata, dice in modo casuale e senza accrediti giornalistici, a seguire dall’interno gli spostamenti di un battaglione russo sul fronte della guerra contro l’Ucraina che dal capodanno del 2022 si è mosso per arrivare al campo di battaglia. I protagonisti sono i soldati russi di questa guerra “insensata e traumatica”, l’ha definita la regista, ragazzi partiti senza sapere che cosa li aspettasse, volontari per ragioni vaghe di patriottismo o alcuni perché credevano alla missione inventata dal Cremlino: la caccia ai nazisti. In conferenza stampa Trofimova ha detto che da quando Vladimir Putin ha deciso di fare la guerra all’Ucraina, tutti i ponti tra la Russia e i paesi occidentali sono saltati: “Sembra che ci sia una incapacità di vedere l’altro. Io ho vissuto per metà della mia vita in occidente e per metà in Russia, amo e rispetto entrambi. Vorrei che questo film fosse, se non un ponte, almeno una cima, una fune da lanciare dall’altra parte per aiutarci a vedere l’un l’altro”. 

Se i ponti sono saltati è perché la Russia ha invaso un paese in pace, lo ha bombardato e lo fa ancora, lo ha occupato e lo occupa ancora – e nei posti dove questi soldati inconsapevoli sono stati cacciati dagli ucraini sono rimasti cadaveri, macerie, palazzi adibiti alle torture – ha deportato bambini, ha sterminato famiglie con determinazione genocidaria. Guardarsi l’un l’altro non è possibile, fino a quando ci sarà questa Russia che parla di pace e vuole la guerra, e la sua  violenza non ha bisogno di un cinema per farsi conoscere.

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