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Editoriali

Lo stop del Tar al progetto dell'Esa in Sicilia è un brutto segnale

Redazione

I giudici bloccano il super programma di Difesa planetaria, mettendo da parte le argomentate ragioni dell’Agenzia spaziale europea e di quella italiana, che hanno trovato nelle Madonie il posto più idoneo per costruire uno dei telescopi della rete Flyeye. Per seguire i no dell'antisviluppismo green l'Italia rischia di perdere una grande occasione 

Come nella migliore tradizione dei Tar – questa volta quello siciliano – l’altro ieri un giudice ha deciso che no, il super progetto europeo di Difesa planetaria sul monte Mufara, sulle Madonie siciliane, non si può fare. Tutto sospeso. Nel prendere la sua decisione il giudice del Tar siciliano deve aver messo da parte le argomentate ragioni dell’Agenzia spaziale europea e di quella italiana, che hanno trovato nelle Madonie il posto più idoneo per costruire uno dei telescopi della rete Flyeye; ma ha invece ascoltato (sorpresa?) i no del gruppo dell’antisviluppismo green per eccellenza composto da Lipu, Legambiente, Wwf, Cai eccetera, che paventano orribili “attività lesive della natura”, tipo “l’escavazione e rimozione di terra” per costruire un edifico.

Del resto, nella regione col corpo forestale più numeroso al mondo c’è bisogno di protezione concreta, locale, localissima. Del programma dell’Agenzia spaziale europea (Esa) si parla dal 2018: Flyeye è un progetto strategico gigantesco, composto da una rete di telescopi sparsi in tutto il mondo, che dovrebbero monitorare lo spazio attorno alla terra con una precisione inedita anche dalla minaccia degli asteroidi, ma non solo. L’Italia avrebbe potuto essere il primo paese membro a istallare  un telescopio della rete, ed era stata individuata l’area delle Madonie non a caso: non solo risponde ai requisiti di altitudine, ma avrebbe potuto essere anche un modo per rivitalizzare un’area della regione del sud dove mancano economia, servizi e infrastrutture. L’Europa ci avrebbe messo i soldi, e l’Esa è nota anche per il suo impatto estremamente green (non parliamo di un’autostrada, o peggio di un ponte). E invece per il Tar dei no meglio rimandare, in un momento in cui lo spazio è sempre più strategico per tutte le potenze mondiali. Ieri si sarebbe dovuta celebrare la posa della prima pietra con il ministro del Made in Italy Urso e il presidente della Regione Schifani. Tutto rimandato. E un passo indietro che forse non ci sarà modo di ricuperare.

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