Editoriali
La sentenza era già scritta, embè? Il folle caso dei giudici del tribunale di Firenze
Per il presidente del collegio giudicante la decisione prima ancora dell'arringa del pm e della possibile era solo "una bozza". Davanti alla storia paradossale il Csm si limita ad alzare le spalle
Il fatto, anzi il fatto “oggettivamente grave”, anzi una vera e propria “violazione di legge” secondo Fabio Pinelli, vicepresidente del Csm, non sussiste: se a compierlo sono i giudici di un processo. Ma a volte il diavolo dimentica i coperchi. Una storia di malagiustizia che ha dell’incredibile, anche se non è un caso unico, che vale la pena conoscere, sollevato dalle Camere penali di Firenze e di cui il Dubbio ha riportato l’esito al plenum del Csm. Tribunale di Firenze, febbraio 2024. Un processo rinviato da tempo giunge alla requisitoria del pubblico ministero e alla discussione del difensore. Il quale, per legittima conoscenza, consulta il contenuto del fascicolo del Collegio giudicante e, sorpresa: ci trova il dispositivo della sentenza giù compiutamente redatto con intestazione, numero del procedimento, nome e cognome dell’imputato, decisione di colpevolezza e indicazione della pena irrogata. In altre parole, la sentenza era già scritta, prima ancora dell’arringa del pm e, peggio ancora, della possibile difesa. Ce n’era abbastanza perché il Collegio giudicante rinunciasse al suo incarico (usiamo termini comuni) e invece il suo presidente ha ritenuto di giustificare la “violazione di legge”, sostenendo che si trattava solo di una “bozza”. Tutto qui, secondo i magistrati. Eppure, avevano denunciato le Camere penali, l’irregolarità era palese, “uno di quei temibili e sottaciuti timori di ogni avvocato penalista”. Una decisione di condanna già assunta senza ascoltare le conclusioni delle parti. E solo il caso l’ha fatto scoprire. Fine della storia? No. Qualche giorno fa al Csm si è svolto un acceso dibattito sul caso. E il Csm ha archiviato la richiesta di allontanamento per incompatibilità ambientale dei giudici del processo. Motivazione: alla fine, la vicenda è risultata “priva di ricadute nell’esercizio indipendente e imparziale della funzione”. Insomma la sentenza era già scritta, ma che differenza fa? C’è solo da immaginare lo stato d’animo, o la fiducia, di un cittadino e del suo avvocato che si trovino ad affrontare un (giusto?) processo in Italia.