Editoriali
Fermare la demagogia del tetto ai salari nella Pubblica amministrazione
Zangrillo aveva proposto di togliere il limite, Meloni lo estende. Il prezzo degli slogan
Il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo aveva detto al Foglio che il limite salariale di 240 mila euro lordi per i manager della Pubblica amministrazione andava rivisto, perché impediva di assumere, per funzioni particolarmente qualificate, i migliori professionisti. Aveva ragione da vendere: allo stato e al paese costano molto le norme raffazzonate e contraddittorie stilate da dirigenti non abbastanza competenti, e la dimensione colossale del contenzioso amministrativo ne è una prova e una conseguenza. Invece l’idea “egualitaria” del tetto retributivo ora sarà estesa anche agli enti controllati dallo stato. Alcuni di questi enti agiscono su gangli fondamentali del sistema economico, a cominciare, per esempio, dall’Agenzia delle entrate o a quella del demanio o delle dogane e dei monopoli. Dirigere l’attività di questi enti e promuoverne le indispensabili innovazioni tecnologiche e organizzative richiede capacità professionali di eccellenza. Se si vuole che professionisti di alto valore, che possono in alternativa dedicarsi a consulenze private assai ben retribuite, accettino di esercitare queste fondamentali attività pubbliche, bisogna che le retribuzioni siano competitive.
Il tetto retributivo è una scelta demagogica che ha effetti che deprimono le potenzialità e le necessità di innovazione, con effetti deleteri sulla qualità dei servizi che è poi quella che interessa davvero ai cittadini. Enti pubblici efficienti sono la fondamentale esigenza da soddisfare per incutere fiducia nello stato, e per ottenere questa condizione è indispensabile una classe dirigente rinnovata, da scegliere tra le migliori intelligenze e competenze presenti sul mercato. E’ lo stesso problema che esiste nelle società private: il management deve essere il migliore possibile se si vogliono definire e raggiungere gli obiettivi. Se si continua a considerare le attività pubbliche di serie B, che è l’effetto della sciagurata scelta di non acquisire le migliori professionalità, si avrà uno stato di serie B, con tutti i costi che questo comporta. Davvero una scelta regressiva.