Editoriali

A Cuba continuano i blackout, ma per il Tg3 il buio è l'occasione per una romantica rumba

Redazione

I cubani sono esausti, ma i media italiani che descrivono questi crisi drammatica lo fanno usando toni romantici

La rete nazionale è crollata per la prima volta venerdì, con la chiusura della più grande centrale elettrica dell’isola, e a allora i blackout sono continui: 10 milioni di cubani sono al buio ed esausti. Nelle case il cibo marcisce, visto che i frigoriferi non funzionano, mentre le piccole attività commerciali funzionano solo grazie a piccoli generatori a combustibile. Per i pochi fortunati che hanno il carburante. Perché l’isola da anni soffre una grave crisi con carenze di cibo, medicine e acqua, figurarsi la benzina. Le obsolete centrali elettriche  a petrolio dipendono dalla carità di paesi amici, anch’essi in brutte acque, come il Venezuela o la Russia (esattamente come  ai tempi di Fidel Castro con l’Urss) che però hanno tagliato le forniture. Ci sono state anche delle proteste, con blocchi nelle strade fatti con i cumuli di spazzatura. Ma in realtà per i cubani, che non possono cambiare il governo con il voto, l’unica soluzione è votare con i piedi: negli ultimi anni circa 1 milione di persone (il 10 per cento della popolazione) è emigrato. Di fronte a un esodo epocale e a una crisi drammatica che, con tutta evidenza, sono il frutto di 65 anni di dittatura castrista ed economia socialista, la descrizione sui media italiani è surreale. Per il Tg3 i cubani sono “resilienti”:  “ballano sul lungomare”  al lume di candela mentre sopportano le privazioni causate dalle “sanzioni” americane. Anche il Corriere della sera  riesce a dire i cubani sono “un popolo resiliente e solidale” senza mai nominare, per descrive la catastrofe, le parole “dittatura”, “socialismo” o “comunismo”, ma riportando la propaganda antiamericana dell’autocrate definito “presidente” Miguel  Díaz-Canel. Il Financial Times ha riportato che il regime cubano ha chiesto aiuto (cioè soldi) alla Cina, ma Pechino ha risposto che per risolvere i problemi a Cuba dovrebbero smetterla con il comunismo: servono riforme di mercato. Persino i comunisti cinesi hanno tolto i paraocchi. Non il giornalista collettivo progressista, che descrive romanticamente i cubani che ballano al buio.

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