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Editoriali

La comfort zone delle interviste meloniane 

Redazione

E’ ora di uscire dal gioco di specchi dei salotti prestigiosi e non troppo ostili della televisione. La premier trarrebbe più vantaggi ingaggiando qualche intervistatore avverso o semplicemente non bollinato

Le interviste di Giorgia Meloni da un po’ di tempo a questa parte dicono, rivelano, significano, esprimono meno dei messaggi video da lei autoprodotti con il telefonino. Quando ha qualcosa da dire la premier lo fa direttamente, senza perdere tempo, e lo mette sulle piattaforme social, usando con studiata ingenuità la sua notevole capacità di entrare in comunicazione con un grande numero di persone, non solo suoi elettori o sostenitori della sua maggioranza, oppure usando le varie occasioni in cui può parlare pubblicamente. E’ quando si affida al suo stabile giro di intervistatori che invece un po’ si imbolsisce, la battuta che funzionava nel monologo diventa troppo recitata nel dialogo solidale, la carica umana e la grinta che la caratterizzano nelle uscite più decise (come accadde con il “non sono ricattabile” sibilato davanti a un po’ di microfoni tra cui qualcuno palesemente ostile) vengono meno quando immerse nei salotti prestigiosi dei Vespa, dei Porro e dei Del Debbio. Il tentativo di mettere un po’ di verve sbatte contro il tono generale della conversazione, come quando da Vespa la premier, pur avendo qualche buon argomento nel livoroso dibattito sulla sanità, si è incartata con i numeri della calcolatrice.

Perché, azzardiamo, se il tono è accogliente e se l’intervistatore si sente comunque un prescelto gli argomenti controversi cascano male e a fare i puntuti si dà una strana impressione e il pasticcio di somme, percentuali e calcoli pro capite diventa quasi una via d’uscita. Meglio, allora, tentare una soluzione più radicale e accettare interviste anche in ambiente non certificato nella sua buona disposizione. Sarebbe un’idea sensata a maggior ragione ora che ci si avvia verso la seconda metà della legislatura e della durata del suo governo. Meloni trarrebbe da se stessa ben di più ingaggiando qualche intervistatore avverso o semplicemente non bollinato. Magari anche qualche idea nuova, anche per uscire ogni tanto dal gioco di specchi in cui si rischia di restare invischiati a Palazzo Chigi.

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