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Editoriali

Sosteniamo la resistenza georgiana

Redazione

Le sanzioni di Zelensky, il comunicato americano e il “festival della democrazia”

Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, ha introdotto sanzioni contro Bidzina Ivanishvili, il fondatore di Sogno georgiano, il partito al governo in Georgia che sta soffocando con la violenza le proteste, e contro altre 19 persone “che stanno svendendo gli interessi della Georgia e dei georgiani”.

Il segretario di stato americano, Antony Blinken, ha condannato la repressione e ha detto che potrebbero essere introdotte sanzioni aggiuntive: soprattutto, per la prima volta, nel comunicato americano si definiscono le responsabilità di Sogno georgiano e non più del “governo georgiano”, visto che al voto dello scorso 26 dicembre ci sono stati dei brogli e la legittimità della rielezione non è certa. I Paesi Bassi hanno chiesto all’Ue di sospendere gli accordi sui visti, seguendo l’iniziativa dei paesi baltici. Le proteste dei georgiani continuano tutte le sere da una settimana, da quando cioè Sogno georgiano ha annunciato la sospensione del processo di adesione dell’Ue, violando oltre  le sue finte promesse anche l’articolo 78 della Costituzione a garanzia del processo di integrazione europea.

La resistenza georgiana si fa più forte ogni notte: le tante testimonianze della violenza delle forze dell’ordine invece che scoraggiare la protesta, la alimentano. C’è una documentazione precisa sugli attacchi della polizia, con i volti tumefatti dalle botte a testimonianza della repressione in corso: l’emittente Mtavari ha pubblicato la lista degli agenti che hanno aggredito i manifestanti (la fonte, sembra, è il ministero dell’Interno). I georgiani intervistati nelle vie principali delle tante città in rivolta ripetono “ora o mai più” e allargano lo sguardo a ciò che c’è in gioco: la libertà quotidiana, la sopravvivenza di un paese indipendente che ambisce ad agganciarsi all’occidente. Il lancio dei fuochi d’artificio da parte dei manifestanti è diventato “il festival della democrazia” e si canta, come da 150 anni nei momenti di difficoltà, la poesia del padre della patria, Ilia Chavchavadze: “Mia cara nazione, perché sei afflitta? Se il presente non ti sorride, il futuro è tuo”.

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