
Editoriali
Gratteri, faccia di bronzo, contro la riforma Nordio. Proprio lui
“Avremo pm solo a caccia di condanne”, dice il magistrato diventato celebre per le sue inchieste con centinaia di arresti e imputati poi puntualmente assolti (e risarciti)
Se passerà la riforma della separazione delle carriere proposta dal governo avremo un pubblico ministero “che non lavora più per cercare la verità, ma una condanna a tutti i costi”. Ad avanzare questo scenario, sul Corriere della Sera, è stato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. C’è chi, di fronte alla lettura dell’intervista, si è giustamente chiesto se il Gratteri in questione fosse quel Gratteri che negli ultimi anni (prima come pm a Reggio Calabria e poi come procuratore a Catanzaro) è diventato celebre per le sue inchieste con decine, se non centinaia, di arresti con modalità da pesca a strascico e imputati poi puntualmente assolti, oppure se si trattasse di un omonimo.
Al Corriere non sono arrivate smentite, quindi ne deduciamo che a rilasciare l’intervista è stato proprio il Gratteri autore, tanto per citare alcuni casi, della maxi operazione contro la ’ndrangheta compiuta nel 2003 a Platì, nella Locride, con 125 misure di custodia cautelare (alla fine solo in 8 vennero condannati), dell’operazione “Circolo formato” del 2011, con l’arresto di 40 persone, tra cui il sindaco di Marina di Gioiosa Ionica e diversi assessori (gli amministratori locali poi vennero assolti), dell’ancora più nota operazione “Rinascita-Scott”, lanciata nel 2019 con 334 persone destinatarie di misure cautelari (in primo grado sono stati assolti 131 imputati su 338, praticamente uno su tre), dell’inchiesta del dicembre 2018 che sconvolse la politica calabrese, con le accuse di corruzione e abuso d’ufficio contro l’allora presidente della regione Oliverio (poi assolto da tutte le accuse). L’elenco è molto lungo, ma purtroppo non c’è spazio. Scartata l’omonimia, resta da chiedersi se il Gratteri che per 32 anni ha condotto queste inchieste in Calabria è al corrente che questa regione detiene il record di indennizzi per ingiusta detenzione versati dallo stato tra il 2018 e il 2024: 78 milioni di euro sui 220 totali (il 35 per cento). Sarà per la prossima intervista.