
(Ansa)
Editoriali
Passi in avanti di Giorgia Meloni sul Mercosur
Per mesi l'Italia è rimasta nel limbo, tra il "sì, ma con equità" e il silenzio strategico. Il governo ha davanti un bivio: se si schiera apertamente con il fronte del no, può giocare un ruolo da protagonista. Se invece sceglie di temporeggiare, rischia di trovarsi a rimorchio delle decisioni altrui
Giorgia Meloni ha parlato alla Camera del trattato Mercosur, e già questa è una notizia. Per mesi, l’Italia è rimasta nel limbo, tra il “sì, ma con equità” e il silenzio strategico. Ora, la presidente del Consiglio ha fatto un passo avanti: l’accordo, così com’è, non la convince. Il mercato, ha detto rispondendo a Luigi Marattin, non può essere libero se non è anche equo. Bene, ma che significa? La questione è tecnica, ma soprattutto politica.
La Commissione europea, con Ursula von der Leyen in prima linea, ha chiuso un accordo e un’intesa con il blocco sudamericano (Consiglio europeo e Parlamento devono approvarlo). Francia, Austria, Polonia e Olanda si sono già messe di traverso, ma da sole non bastano: per bloccare il trattato serve un veto di almeno quattro paesi che rappresentino il 35 per cento della popolazione dell’Unione. Oggi, i contrari arrivano solo al 30 per cento. Il voto italiano, quindi, è determinante.
E qui sta il punto: Meloni ha detto qualcosa, ma ha detto abbastanza? Dire che il libero mercato deve essere anche equo è un principio quasi ovvio, che però lascia aperte troppe porte. L’Italia sta preparando il veto o sta semplicemente guadagnando tempo? La Francia è già schierata contro il trattato, per difendere la sua agricoltura e il suo peso negoziale. L’Austria e la Polonia hanno motivazioni simili. E l’Italia? Il nodo è il solito: se è vero che aggiungere dazi su dazi fa male a tutti i paesi che lo fanno, togliere i dazi fa bene a tutti i paesi che scelgono di portare avanti questa politica.
L’Italia, che vive di qualità e non di quantità, rischia di vedere il proprio agroalimentare schiacciato dalla concorrenza di prodotti? Non è così: le stime parlano di incremento delle esportazioni di oltre 3 miliardi per l’Italia (dati Centro Rossi-Doria). Il governo ha un bivio: se si schiera apertamente con il fronte del no, può giocare un ruolo da protagonista. Se invece sceglie di temporeggiare, rischia di trovarsi a rimorchio delle decisioni altrui, magari subendo la firma di un accordo che penalizza il made in Italy. La dichiarazione di Meloni è un segnale, resta da vedere se diventerà una scelta politica o solo un esercizio di equilibrio per tenere aperte tutte le opzioni fino all’ultimo.