(Ansa)

Editoriali

La scommessa di Donald Trump in Yemen

Redazione


Gli Stati Uniti hanno colpito duramente il porto yemenita di Ras Isa, strategico per gli houthi e rifornito dall’Iran, causando decine di vittime. L’attacco mira a indebolire le infrastrutture economiche del gruppo e a lanciare un messaggio di pressione a Teheran

Il bombardamento americano che ieri ha colpito il porto di Ras Isa, in Yemen, è stato il più violento di quelli lanciati finora contro gli houthi. Secondo i media locali, i morti sarebbero 74, i feriti 171, una conta che però non discerne fra vittime civili e militari. Ras Isa è un terminal strategico per i terroristi yemeniti, che lo usano per smistare buona parte del carburante proveniente dall’Iran, con una capacità complessiva di stoccaggio di 3 milioni di barili di greggio. A gennaio scorso, il porto era stato preso di mira anche dagli israeliani, che l’avevano definito un obiettivo militare legittimo. L’attacco allo stabilimento sulla costa yemenita, una cinquantina di chilometri a nord dell’altro porto strategico di Hodeidah, è un colpo duro non solo alle vie di approvvigionamento degli houthi, che dipendono quasi esclusivamente da Teheran dal punto di vista energetico. Oltre ai bunker e alle basi dove si nascondono i leader e le armi degli houthi, gli Stati Uniti si dimostrano pronti a colpire anche le infrastrutture “che sono fonte illegali di ricchezza”, come ha scritto in una nota il Comando centrale americano.

Mentre proseguono i negoziati sul nucleare iraniano, gli attacchi americani sono anche un avvertimento a Teheran per costringere il regime a rivedere la sua intransigenza nelle trattative. Nell’ ultimo mese il Comando centrale ha spostato nel Golfo molte forze fra uomini e mezzi militari a scopo di deterrenza. La scommessa di Trump è che presto o tardi il sostegno della base alla leadership degli houthi si esaurisca. Ma poche dopo che i media locali avevano trasmesso le interviste ai sopravvissuti del raid, milioni di persone si sono riversate in strada a Sanaa al grido consueto di “morte all’America!” e “morte a Israele!”, il mantra che fa da collante fra i sostenitori del gruppo terroristico. “Gli attacchi americani porteranno solamente a nuovi contrattacchi”, ha detto Yahya Saree, portavoce degli houthi. E così oggi sono stati lanciati altri due missili, uno contro Israele e un altro contro le navi militari americane nel Mar Rosso, entrambi neutralizzati. La via degli houthi verso la desistenza è ancora lunga. 

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