Il baluardo di Tunisi
Il terrorismo islamista, con l’attacco a Tunisi, tenta di cancellare l’ultimo brandello di quello che fu l’ordine mediterraneo che aveva retto per decenni anche grazie a un sorta di protezione incrociata esercitata dalla Francia e ancor più dall’Italia. Quell’ordine, oltre che su corposi interessi economici ed energetici, si basava sul comune interesse alla stabilità della sponda meridionale del Mare nostrum, anche come condizione per cercare di offrire uno sbocco positivo alle turbolenze mediorientali. Quando l’Italia garantì la successione pacifica di Habib Bourguiba, non solo evitò lo scatenarsi di tensioni e di insorgenze del fanatismo islamista, ma capitalizzò anche relazioni con l’ala laica del movimento di liberazione palestinese, stabilite quando Arafat era esiliato in Tunisia. Anche i rapporti mantenuti con la dittatura libica, oltre che una evidente finalità e necessità energetica, da un certo punto in poi ebbero pure una funzione di freno nei confronti del terrorismo e di controllo dei flussi migratori. Quell’ordine è stato spezzato, oltre che per insorgenze terroristiche globali, anche per la decisione solitaria e improvvida di Nicolas Sarkozy di abbandonare la tradizionale cogestione italo-francese di quest’area.
Tuttavia, l’evoluzione successiva alla “primavera araba” in Tunisia ha confermato l’ispirazione laica che aveva caratterizzato l’ordine mediterraneo precedente, senza bisogno di affidare ai militari la stabilità – come da sempre in Algeria e di nuovo in Egitto, per evitare le dittature islamiste. Forse questo significa che proprio in Tunisia quel tessuto, quell’aspirazione alla stabilità, quella relazione distesa e collaborativa con i paesi latini, si è dimostrata straordinariamente resistente. Anche per questo l’eccezione tunisina risulta intollerabile per chi punta, per realizzare un regime di terrore, a far saltare tutti gli equilibri e a generare caos o disperazione. Mercoledì questo ordine ha subito un colpo feroce e sanguinoso, ma non è stato sconfitto, soprattutto se tutti, l’Italia a la Francia per primi, si renderanno conto che quel caposaldo di speranza deve essere conservato a ogni costo, come lo fu dopo l’attentato a Djerba di al Qaida grazie ai nervi saldi e alla capacità di reagire dei tunisini.