La strage di Yarmouk
I civili del campo profughi di Yarmouk, a sud di Damasco, in Siria, sono intrappolati da giorni in mezzo a una battaglia tra milizie in cui alcuni gruppi legati allo Stato islamico stanno conquistando posizioni mai così vicine al centro della capitale siriana. Gli scontri sono iniziati il primo aprile, dopo che Beit al Maqdis, una delle fazioni che dominano il campo, vicina a Hamas, ha fatto arresti tra militanti dello Stato islamico, che in risposta ha iniziato un assedio del campo, ma la violenza è aumentata notevolmente domenica. E’ difficile ottenere informazioni affidabili da Yarmouk, dove non è presente nessun giornalista occidentale, ma alcune ong sul posto hanno detto che lo Stato islamico ha conquistato buona parte del campo, e lunedì hanno iniziato a diffondersi notizie non confermate di uccisioni e decapitazioni di civili.
Prima dell’inizio della guerra siriana, a Yarmouk vivevano dal 1957 160 mila profughi palestinesi, che si sono ridotti a 18 mila dopo le violenze degli ultimi anni. In questi giorni ne sono fuggiti a migliaia, ma quelli che restano, compresi 3.500 bambini, sono bloccati negli scontri per le strade, con le milizie che si combattono casa per casa. Il Syrian Observatory for Human Rights, una ong con sede a Londra, ha riferito anche che domenica l’esercito siriano avrebbe lanciato barrel bomb sulle strade strette e con pochi ripari del campo profughi. Da giorni l’Onu e le associazioni umanitarie non riescono a portare viveri e medicinali ai civili, e lunedì le Nazioni Unite hanno definito la situazione a Yarmouk “oltre l’inumano”. Gli uomini di Baghdadi arretrano a Tikrit, ma avanzano a pochi chilometri da Damasco.
Un video dei combattimenti in corso a Yarmouk
L'editoriale del direttore