Hillary Clinton (foto LaPresse)

Hillary e l'ossessione per la Casa Bianca

Redazione

È partita la lunga corsa solitaria della Clinton per le presidenziali 2016. Dalla sua ha esperienza, soldi e un marito ingombrante. Basterà?

Hillary Clinton ha annunciato ieri quel che tutti sapevano da tempo: si candida per le elezioni presidenziali del 2016. Ci riprova sette anni dopo essere stata battuta da favoritissima alle primarie democratiche dall’allora outsider Barack Obama.

Federico Rampini, la Repubblica 11/4.


«Hillary è in corsa, di fatto, dal 2000. È la corsa finale, per la politica americana più famosa di sempre, per la donna al tempo stesso formidabile e delusionale che dal 1992 al 2000 è stata alla Casa Bianca da first lady e dal 2000 a oggi ha lavorato per tornarci da presidente. È stata senatore, candidata partita favorita sconfitta alle primarie, segretario di Stato, e negli ultimi quattro anni richiestissima oratrice a pagamento (cara) per la Clinton Foundation».

Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 11/4.

 

Paolo Mastrolilli: «Da giovane, ex repubblicana, carriera da avvocato davanti dopo la laurea a Yale, si era lasciata affascinare da un ragazzone dell’Arkansas di nome Bill. Era finita sull’altare come first lady, prima nello Stato del marito e poi alla Casa Bianca, ma anche nella polvere dei suoi tradimenti, da Jennifer Flowers a Monica Lewinsky, e dell’odio politico suscitato, soprattutto con la fallita riforma sanitaria. Forte, determinata, aveva scelto di restare al fianco di Bill, salvandolo prima dalla sconfitta nelle primarie del 1992 e poi dall’impeachment».

Paolo Mastrolilli, La Stampa 11/4.

 

Paola Peduzzi: «“You don’t leave the marriage”, aveva detto Dorothy a sua figlia Hillary, tutto si può sistemare, tutto si può comprendere, nella nostra famiglia non ci sono perdenti, né divorziati. Con questa educazione, sostenuta anche dalla disciplina metodista, Hillary è rimasta la signora Clinton. Lo scandalo Lewinsky, scoppiato alla fine del secondo mandato di Bill Clinton, fu il finale spettacolare della serialità fedifraga dell’ex presidente. Hillary sapeva, dicono tutti, ha sempre saputo, ha cercato di contenere la vivacità ormonale del suo consorte, e forse ce l’ha anche fatta, se si pensa che, in proporzione, gli scandali non sono stati poi così tanti».

Paola Peduzzi, Studio set/ott 2013.

 

Era il ’92 quando Hillary Clinton disse: «Avrei potuto starmene a casa a cucinare biscotti e servire il tè, ma ho deciso di seguire la mia professione, in cui sono entrata prima di quando mio marito è entrato nella vita pubblica». La rivista Family Circle lanciò allora una gara di ricette tra le mogli dei senatori. vinse proprio la Clinton (su Barbara Bush) con una ricetta di biscotti all’avena con gocce di cioccolato.

Paola Peduzzi, Studio set/ott 2013.

 

Mario Del Pero: «Ai Clinton non fanno difetto né l’ambizione né la tenacia. Alle quali, nel caso di Hillary, va aggiunta anche una straordinaria auto-disciplina che l’ha portata ad attendere pazientemente per otto anni la sua seconda chance di essere eletta alla Presidenza. Hillary ha scelto di spendere la prima metà di questi servendo Obama come segretario di Stato. Un segretario di Stato straordinariamente attivo e dinamico e al contempo leale e fidato: attento a non oscurare in alcun modo il presidente e a evitare polemiche».

Mario Del Pero, Il Messaggero 11/4.

 

È stata il segretario di Stato che più ha girato il globo terrestre: 956.733 miglia percorse.

Paola Peduzzi, Studio set/ott 2013.

 

Una volta uscita dall’amministrazione Obama, la Clinton ha attentamente preparato il lancio della sua candidatura. Si è defilata dalla scena pubblica, ha scritto un’autobiografia – piatta, convenzionale e moderatamente auto-ironica – di circostanza. Ha iniziato a raccogliere finanziamenti e costruire la sua macchina elettorale. Ha, con attenzione e abilità, preso le distanze dalla politica estera di Obama e da una visione strategica da lei giudicata passiva e insufficientemente ambiziosa.

Mario Del Pero, Il Messaggero 11/4.

 

Il vero problema della Clinton, che potrebbe diventare il primo presidente donna degli Stati Uniti, è il suo troppo passato. Rolla Scolari: «Non contano tanto gli errori nella campagna del 2008, quanto i suoi anni come first lady e quelli alla guida del Dipartimento di Stato. Ciclicamente risorgono le controversie: i fondi ricevuti dalla Fondazione Clinton da governi stranieri, l’uso poco trasparente di un account e-mail privato quando era segretario di Stato, le polemiche sulla gestione degli eventi tragici di Bengasi, quando nel 2011 fu ucciso l’ambasciatore Christopher Stevens».

Rolla Scolari, il Giornale 11/4.

 

«Ora i critici diranno che la capitolazione di Hillary, culminata nel mortale attacco al consolato di Bengasi, è stata una ragione che ha favorito la linea debole dove hanno trovato spazio prima Assad e poi il califfato dell’Isis. Lei però era tornata sugli altari, quando stava al dipartimento di Stato, e forse ne è uscita abbastanza in tempo per non portare la responsabilità delle crisi degli ultimi due anni, e condividere il successo ancora incerto dell’accordo con l’Iran».

Paolo Mastrolilli, La Stampa 11/4

 

C’è più di un lato oscuro nella coppia Clinton. Le beghe dell’Arkansas, dove Clinton era governatore, il Troopergate (forze dell’ordine più amanti di Bill) al Whitewater (bancarotta immobiliare, amici in galera, un socio di Hillary portato alla Casa Bianca, Vince Foster, suicida). Le amicizie di Bill nel mondo della finanza molto importante o molto cialtrona. D’altra parte, «gli elettori più giovani non ricordano i “Clinton scandals”, e per lei è una fortuna» scrive il National Journal.

Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 11/4.

 

Maria Laura Rodotà: «Si parla e si parlerà ancora molto della sua famiglia, di Chelsea che l’ha resa nonna, e dalla nascita di Charlotte Hillary si comporta e twitta come la prima nonna dell’umanità; del marito Bill. Che, pare, stavolta sarà meno presente in campagna elettorale. E, quando ci sarà, sarà sorvegliato da un consulente-badante.

Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 11/4.

 

Per conquistare la Casa Bianca Hillary Clinton deve riuscire prendere i voti della “coalizione arcobaleno” che ha portato al potere Obama: donne, giovani, neri, ispanici, asiatici, gay. Federico Rampini: «A parte le donne, che verso Hillary avranno un occhio di riguardo, le minoranze sono tutte da riconquistare. Giovani, immigrati, neri: non è detto che si sentano trascinati da una signora 67enne, una professionista della politica di lungo corso, legata a doppio filo all’establishment, con il tocco “dinastico” che le viene dal cognome del marito ex-presidente. Questa era la vecchia immagine della Clinton. Quella nuova, va costruita pezzo per pezzo».

Federico Rampini, la Repubblica 11/4.

 

«Sarà anche una delle donne più potenti del mondo. Diventerà pure la prima presidente donna degli Stati Uniti. Avrà anche dato prove dignitose come senatrice e come Segretario di Stato, ma Hillary non possiede un vero talento politico. Gli esami di politica li ha sbagliati tutti, dalla riforma sanitaria del primo Clinton alla corsa presidenziale contro Obama. In compenso, gli esami di tenacia e di ambizione li ha passati tutti. Più che una donna politica, Hillary Clinton è una donna di potere alla Elias Canetti, disposta a sopportare qualunque umiliazione pur di raggiungere l’obiettivo finale: esserci, sopravvivere a tutto e tutti fino ad arrivare al vertice del potere temporale globale».

Giuliano da Empoli, Studio set/ott 2013.

 

Altro punto di debolezza potrebbe essere l’età. Rampini: «Chi pensa di attaccare Hillary perché avrà 69 anni il giorno dell’elezione presidenziale rischia di commettere un errore madornale. Gli americani ebbero un presidente ben più anziano: Ronald Reagan aveva 74 anni quando iniziò il suo secondo mandato. Gli uomini notoriamente invecchiano prima (e peggio) delle donne».

Federico Rampini, la Repubblica 26/2

 

 

Negli ultimi anni la Clinton ha scoperto che si può essere naturali e diretti, «che nascondersi serve soltanto ad alimentare chiacchiere inutili, è molto meglio spararla grossa, spararla pop, come durante lo sbarco su Twitter, con la minibiografia che ha fatto crepare di invidia mezzo mondo per la sua perfezione: “Wife, mom, lawyer, women & kids advocate, FLOAR, FLOTUS, US Senator, SecState, author, dog owner, hair icon, pantsuit aficionado, glass ceiling cracker, TBD...”. Quel “to be defined” dice tutto della liberazione della Clinton, e del suo divertirsi, e del suo poter essere ancora, a sessantasei anni, un’icona, un simbolo, un presidente, anzi, la prima “Madam President” della storia americana».

Paola Peduzzi, Studio 2013.

 

 

La aspetta una campagna elettorale che costerà intorno ai due miliardi di dollari.

Paolo Mastrolilli, La Stampa 11/4.

 

«La candidatura di Hillary era ineluttabile, ma la sua corsa senza rivali potrebbe essere più logorante di una campagna combattuta. E questo comincia a preoccupare la sinistra americana. È giusto puntare tutto su un unico cavallo che potrebbe essere azzoppato, da qui al 2016, da uno scandalo improvviso o da qualche problema di salute? Nel partito cresce il desiderio di alternative reali, se necessario. Ma la panchina è corta e leggera: la senatrice Elizabeth Warren è troppo a sinistra. L’ex governatore del Maryland, Martin O’Malley, l’unico che si è fatto avanti fin qui, è un peso piuma».

Massimo Gaggi, Corriere della Sera 20/3.

 

Giuseppe De Bellis: «Hillary con tutti, contro tutti e contro se stessa. Dicono che avrà come punto forte della sua campagna la lotta alla diseguaglianza economica. Terreno difficile, per lei che oggi è la preferita di Wall Street. Poi toccherà agli avversari: tra i repubblicani sono candidati il libertario Rand Paul, il senatore Ted Cruz, arriveranno l’altro senatore ispanico Marco Rubio, poi probabilmente altri. Tra cui Jeb Bush. Hillary è davanti, per potenza economica, per preparazione, per attesa. Basta? In America non si sa mai se può bastare. È cominciata una campagna elettorale lunga. Si vota a novembre del 2016. È una vita».

Giuseppe De Bellis, il Giornale 11/4.

 

A cura di Luca D'Ammando

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