Armeni, chiamiamolo genocidio
Nella nuova edizione del libro intitolato “Il genocidio degli armeni” (il Mulino) lo storico Marcello Flores si chiede se l’assassinio del giornalista turco di origine armena Hrant Dink, nel 2007, sarà davvero ricordato come “l’ultimo terribile colpo di coda della violenza nazionalista turca”, e parla dei passi avanti, nel riconoscimento del genocidio, fatti da vasti settori della società turca negli ultimi anni. A quella nuova consapevolezza, forse, si devono le caute condoglianze che lo scorso anno il presidente turco Erdogan aveva rivolto all’Armenia nella ricorrenza del 24 aprile. Ma continua a non esserci il minimo riconoscimento della volontà di sterminio e di pulizia etnico-religiosa che animava i governanti ottomani e i Giovani turchi nei confronti dei sudditi armeni (cristiani) dell’Impero.
Negli ultimi giorni, c’è stata la dura replica di Ankara alle parole di Papa Francesco sul genocidio degli armeni, “il primo del Ventesimo secolo”; prima ancora, Erdogan aveva deciso di commemorare a modo suo il 24 aprile. Per quella data, il presidente armeno Serzh Sarksyan ha da tempo invitato a Erevan tutti i leader del mondo (Erdogan compreso) per la celebrazione solenne del centenario del genocidio. Il presidente turco ha allora replicato fissando per lo stesso giorno la commemorazione della battaglia di Gallipoli del 1915 (quando gli ottomani fermarono l’esercito Alleato) mai in precedenza celebrata il 24 aprile. Difficile immaginare qualcosa di più pretestuoso (Erdogan ha invitato anche il presidente armeno, che ha parlato di “gesto cinico” e di “sabotaggio del centenario del genocidio”). E anche di più scivoloso, per capi di stato e di governo che dovranno scegliere dove presenziare. Se il russo Putin e il francese Hollande hanno confermato la loro presenza a Erevan, il premier inglese Cameron ha spiegato che “pur comprendendo la grande importanza del centenario” il 24 sarà in Turchia. E l’Italia? A giudicare dalle dichiarazioni del sottosegretario agli Esteri Sandro Gozi (“non è compito dei governi decidere cosa sia successo cento anni fa, spetta agli storici”) e soprattutto da un episodio raccontato ieri dall’Huffington Post, siamo ben lontani dalle parole di Papa Francesco: per accordare il patrocinio a una rassegna dedicata a fine marzo al popolo armeno a cent’anni dagli avvenimenti del 1915, il ministero dei Beni culturali ha voluto che fosse cancellata la parola “genocidio” dal titolo dell’iniziativa. E’ così che “Armenia, a cento anni dal genocidio” è diventato “Armenia: metamorfosi tra memoria e identità”. E pensare che il termine “genocidio” fu coniato nel 1939 da un avvocato ebreo, il russo-polacco Raphael Lemkin, proprio per descrivere lo sterminio degli armeni.